Erogazione e finanziamento dei servizi sanitari, sovvenzione della ricerca, formazione e aggiornamento professionale: in tutti questi ambiti la compresenza di pubblico e privato è oramai stabile e riconosciuta. Ma non si può parlare di partnership tra pubblico e privato in sanità senza evocare un “fantasma” che tutti sostengono che esista ma con cui nessuno dichiara di aver avuto a che fare.
Secondo una recente revisione sistematica pubblicata sul BMJ open (https://bmjopen.bmj.com/content/7/9/e016408.long) sui rapporti tra medici e industria farmaceutica, la maggior parte dei medici intervistati sostiene che questi rapporti non hanno alcun impatto sulle loro abitudini prescrittive, ma una percentuale considerevole degli stessi medici, alla domanda sulla vulnerabilità dei colleghi al rapporto con l’industria, risponde in maniera affermativa.
Ma è proprio lì dove c’è scarsa percezione soprattutto delle proprie condizioni di conflitto di interessi che i rischi si fanno più alti.
In occasione della presentazione del volume “Conflitti di interesse e salute” (Dirindin, Rivoiro, De Fiore – Ed. Il Mulino, 2018), i punti di vista del pubblico e del privato sono stati rappresentati da Giuseppe Traversa (Istituto Superiore di Sanità), Angelo Tanese (Direttore Generale ASL Roma 1), Marina Davoli (Direttore del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale – Regione Lazio, ASL Roma 1) e Goffredo Freddi (direttore dell’area Policy e Communication di MSD Italia).
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Molte le aree di sostanziale accordo fra i protagonisti della presentazione: dalla difficoltà di stabilire un confine netto tra integrità e illegalità, al condiviso scetticismo che una gestione amministrativo-burocratica del conflitto di interessi possa risolvere il problema.
Ripartiamo quindi dalla definizione dell’espressione “conflitto di interessi”: quando l’interesse primario (il bene del paziente, nel caso di chi opera nel SSN) rischia di essere in qualche misura messo da parte a favore di un interesse secondario, allora si è in una condizione di conflitto di interessi. E dovunque c’è una decisione umana possono operare conflitti d’interesse, provocando distorsioni.
Il fatto che il suo significato richiami un giudizio morale, automaticamente negativo, nasce dal fatto che la sfera “economica” è quella su cui ricade l’attenzione maggiore. In realtà il conflitto di interessi è ubiquitario e, secondo gli autori del libro, in gran parte ineliminabile: tutti siamo potenzialmente in conflitto di interessi, ad esempio ideologico, o religioso, o culturale, non solo e necessariamente economico-finanziario.
Come ricorda Giuseppe Traversa “la traduzione immediata è: se sei in conflitto d’interesse sei disonesto. Dobbiamo fare ogni sforzo per evitare questa analogia, e sapere che se c’è un conflitto d’interesse non è automatico che ci sia una distorsione, dobbiamo ragionare come si ragiona con i fattori di rischio, dobbiamo pensare che c’è un aumento del rischio della distorsione ma non che c’è automaticamente la distorsione”.
In altre parole, occorre fare attenzione ed evitare che il conflitto di interessi si possa confondere con l’integrità della persona che lo sta dichiarando. “Devo poter dire sono in conflitto di interessi senza vergognarmi”.
La trasparenza, in tutti i casi, pur essendo essenziale, non è sufficiente. Anche perché, come citato nel libro, il contesto che caratterizza il settore sanitario è affollato di condizioni naturali di conflitto di interessi, che fa parte degli elementi (quasi) naturali dell’habitat in cui si muovono gli operatori della salute.
E a una condizione non può essere attribuita una dimensione etica (che può invece essere attribuita a un comportamento) e neanche un giudizio di valore.
Della necessità di sgombrare il campo dal senso di vergogna e di colpa se si è portatori di conflitto di interessi ci parla anche Goffredo Freddi, “Certo il valore della trasparenza che viene ribadita nel libro e quella di una regolamentazione corretta sono fondamentali”. Il direttore dell’area Policy e Communication di MSD Italia ci tiene anche a sottolineare l’avvenuta riduzione della distanza fra quelli che sono gli obiettivi della ricerca dell’industria farmaceutica rispetto ai bisogni reali dei pazienti e dei familiari: “Se guardiamo i dati delle nuove approvazioni da parte della FDA, ai farmaci approvati con una procedura di fast-track, che in teoria dovrebbe essere riconosciuta a farmaci il cui profilo innovativo è molto elevato, ai farmaci per malattie rare, mi sembra che il gap rispetto agli unmet patients needs, si stia un po’ riducendo, siamo lontani dai tempi dell’ennesima statina, dell’ennesimo calcio-antagonista mi sembra che da questo punto di vista si stia facendo qualche passo avanti, una cosa che mi piacerebbe vedere nella prossima edizione di libro è una attenzione verso conflitti di interesse meno conosciuti, e meno tradizionali rispetto a quelli tra azienda profit e pubblico”.
Proiettata a una politica del fare è la posizione di Angelo Tanese: “È necessario rafforzare il senso di responsabilità nel perseguire l’interesse primario”, evitando di esasperare la logica del controllo e della ricerca dell’assenza di conflitto come obiettivo, che potrebbe portare a una paralisi del sistema, nociva non solo “perché è in un mondo statico che il conflitto di interessi si struttura” ma anche per la negazione aprioristica della possibilità che possano esistere anche interessi convergenti.
Quella della collaborazione tra pubblico e privato è quindi la “vera sfida della modernità”. La domanda è: “Di fronte a questa sfida della modernità dove ci collochiamo?”.
Per Tanese “oggi è necessario un atteggiamento un po’ più umile, nessuno ha né la verità né la possibilità di dire io non ho conflitti, io sono il puro e gli altri no. Ognuno di noi è portatore di interessi, il problema è come facciamo, al di là della legittimità e del comportamento etico e dei valori che qui sono richiamati, ad avere la capacità di costruire sistemi di relazioni che ci orientano verso un risultato di innovazione, cambiamento e fiducia anziché adottare comportamenti guidati dalla paura, dalla logica del controllo e che ci tutelino dall’assumerci delle responsabilità”.
Quello su cui occorre trovare una nuova modalità è quindi un approccio di tipo preventivo, a cui gli autori del libro sono pronti a riconoscere una importanza maggiore rispetto all’approccio normativo-repressivo: a partire dalla consapevolezza dei rischi e degli effetti che il conflitto di interessi può determinare (che può essere raggiunta solo approfondendo la tematica durante tutto il percorso formativo del giovane medico e del ricercatore), alla promozione di modalità innovative di sostegno, protezione e incentivazione di comportamenti integri, che pure sono, lo diciamo con assoluta convinzione, la norma di un sistema sanitario come il nostro.
L’articolo Integrazione pubblico-privato in sanità: la sfida dei conflitti di interesse proviene da eColloquia.