PALERMO. Il gap tra l’innovatività dei farmaci e la spesa sanitaria e le difficoltà d’accesso alle risorse ministeriali destinate alla cura di alcune patologie gravi al centro del convegno “Farmaci innovativi e sostenibilità della spesa”, tenuto nella sede dell’Ordine dei Medici di Palermo di Villa Magnisi.
Tre i principali temi affrontati al tavolo tecnico: le politiche nazionali e regionali di allocazione di fondi specifici declinati ai farmaci innovativi; le reti di patologia e gli strumenti di governance clinico-gestionale (PDTA- Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali) utilizzati in tutto il mondo per uniformare l’approccio clinico a determinate categorie di pazienti; il ruolo della Regione nell’accesso all’innovazione.
I farmaci innovativi possono essere suddivisi in due categorie: ad innovatività assoluta ai quali è destinato, a livello nazionale, un fondo di 500 milioni di euro suddiviso tra tutte le regioni; ad innovatività condizionata per i quali è previsto l’inserimento nei Prontuari Terapeutici Regionali.
La Sicilia dispone di circa 92 milioni di euro, un fondo a cui la Regione compartecipa per il 50% e destinato alla spesa per farmaci innovativi.
Stando però ai dati del 2017, la Regione non avendoli utilizzati per intero dimostra di non avere ancora programmato strumenti di governance adatti per raggiungere il gold standard previsto a livello nazionale sebbene abbia la garanzia di non sforare. A rallentare il processo anche l’operazione di filtro dei Prontuari Terapeutici Regionali per la registrazione del farmaco a seguito della determina dell’AIFA che non fanno che creare diseguaglianze d’accesso tra le regioni.
«È necessario che le stesse opportunità terapeutiche che possono avere i cittadini delle regioni del Nord possano essere identiche a quelle della Sicilia. Non può accadere che un farmaco in Lombardia venga messo subito in commercio mentre per quanto riguarda la Sicilia devono passare dei mesi», sottolinea Salvatore Amato, presidente dell’Ordine dei Medici di Palermo.
Toti Amato
Ciò accade per esempio per i farmaci oncologici: «La posizione dell’AIOM- aggiunge Roberto Bordonaro, segretario nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia medica- è quella di sottrarre ai Prontuari Terapeutici il ruolo di terzo filtro gerarchico. Sarebbe più utile che i Prontuari si occupassero di farmacovigilanza, di valutazione degli esiti dei nuovi trattamenti, del controllo dei requisiti necessari ai centri per poter prescrivere ed erogare con appropriatezza questi farmaci».
Roberto Bordonaro
Un problema sollevato e sottolineato anche da Cittadinanzattiva secondo la quale sono numerosi gli elementi che rallentano l’accesso alle terapie innovative.
Tra questi sicuramente il mancato l’inserimento automatico in PTORS (Prontuario terapeutico/ospedaliero della Regione Siciliana) dei farmaci innovativi che devono passare per il vaglio di una Commissione del Prontuario regionale.
«La Regione ha previsto- si legge nella nota dell’associazione– solo per gli “innovativi importanti” una “corsia preferenziale” che, pur abbreviando i tempi di valutazione di tali farmaci, rende quest’ultima imprescindibile, eludendo così la c.d. Legge “Balduzzi” del 2012 che prevede che “i prodotti innovativi debbano essere resi immediatamente disponibili agli assistiti, anche senza il formale inserimento nei prontuari terapeutici ospedalieri regionali” e solo i biosimilari hanno diritto ad essere subito inseriti nei Prontuari».
«Inoltre, i farmaci per essere effettivamente prescritti ed erogati devono superare un “percorso ad ostacoli” che per varie procedure burocratiche, alcune in capo all’Assessorato alla Salute e altre in capo all’Assessorato all’Economia, si traducono in un ulteriore ritardo medio di 6 mesi».
Un’altra problematica riguarda il calcolo del budget della farmaceutica delle singole aziende ospedaliere nel quale vengono fatte rientrare anche le spese per i farmaci innovativi.
«Tale quota, invece, dovrebbe essere calcolata in aggiunta al budget della farmaceutica. Tutto ciò – continua la nota di Cittadinanzattiva- paradossalmente viene a “penalizzare” quelle realtà sanitarie, sedi di centri di riferimento per le varie patologie, che proprio per le loro caratteristiche di attrattività, hanno un’utenza intra e, soprattutto infra regionale (Policlinici, Arnas, Aziende Ospedaliere e Case di Cura) e che quindi, proprio per il gradimento dei pazienti, vede quei centri superare facilmente il budget per questi farmaci».
Durante il convegno è stata focalizzata l’attenzione anche sull’epatite C per cui l’AIFA ha programmato un’immissione in terapia di 80 mila pazienti per anno nel triennio 2018-2021 per l’eliminazione in Italia della patologia grazie a farmaci innovativi e in assenza di un vaccino specifico.
Antonio Craxì
«L’operazione funziona- spiega Antonio Craxì, epatologo e responsabile scientifico della Rete HCV Sicilia– e circa 160 mila pazienti trattati lo testimoniano. Ma sta andando a rilento a causa della mancanza di screening o di richiamo dei pazienti già noti, ma che non sono stati trattati, oppure di pazienti a rischio. Sono operazioni che si stanno attivando grazie a progetti di microeliminazione in contesti a rischio».
Rendere immediatamente accessibili i farmaci innovativi è una sfida che costa molto alla Sanità pubblica. Si tratta di 1200 milioni di euro per tre anni destinati ai pazienti oncologici e altrettanti 1200 per le altre malattie rare, ad oggi assorbiti quasi interamente dai malati affetti da epatite C e su cui la Sicilia incide per l’8 per cento.
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