Nel corso dell’attività lavorativa, infatti, gli operatori sanitari come gli infermieri possono essere esposti al rischio di subire un’esperienza di aggressione e violenza, gestendo rapporti caratterizzati da forte emotività, sia da parte del paziente che dei familiari, che si trovano in uno stato di vulnerabilità, frustrazione o perdita di controllo. 

Gli episodi di violenza sono Eventi Sentinella

La Raccomandazione n. 8 del 2007 è il primo atto italiano di livello governativo in cui si prende coscienza degli episodi di violenza, verbale e/o fisica, a danno degli operatori sanitari e in cui si danno indicazioni metodologiche ed operative per affrontare il problema.

Gli episodi di violenza sono considerati eventi sentinella, segnali della presenza nell’ ambiente di lavoro di situazioni di rischio o di vulnerabilità che richiedono l’adozione di misure di prevenzione e protezione dei lavoratori. La loro rilevazione e il monitoraggio è fondamentale per conoscere e quantificare il fenomeno.

Conoscere il comportamento violento

La progressione 

Il comportamento violento avviene secondo una progressione che può arrivare fino a gesti estremi quali l’omicidio:

Uso di espressioni verbali aggressive

Impiego di gesti violenti

Minaccia

Spinta

Contatto fisico

Uso di arma

Lesione e/o morte
Definiamo “aggressione” un’azione violenta di una o più persone nei confronti di altre persone, che può racchiudere gli elementi costitutivi di diverse figure di reato, a seconda di modalità e mezzi con cui viene esercitata, dell’evento verificatosi o del fine cui è diretta (omicidio, lesioni personali ecc.).

Definiamo “minacce” l’espressione del proposito di arrecare danno. Comprendono minacce verbali, atteggiamenti corporali minacciosi e minacce scritte.

Dove avvengono con maggiore frequenza i comportamenti aggressivi?

Servizi di emergenza/urgenza;

dipartimenti di salute mentale e dipendenze patologiche;

luoghi/sale d’attesa;

servizi di continuità assistenziale.
Principali fattori di rischio

Caratteristiche individuali (genere, età, livello di educazione/scolarità);

esperienze precedenti;

interazione tra le due parti (paziente vs. operatore);

caratteristiche dell’ambiente lavorativo;

ambiente fisico (es. luoghi poco luminosi).
I 7 campanelli d’allarme di un’aggressione

1. Lunghe attese, con aumento della frustrazione in pazienti e accompagnatori.

2. Mancanza di formazione del personale medico- sanitario nel riconoscimento e controllo di comportamenti ostili e aggressivi.

3. Diffusione del fenomeno di abuso di alcol e droga.

4. Scarsa illuminazione.

5. Accesso senza restrizione di visitatori.

6. Servizi d’ assistenza in luoghi isolati senza mezzi di segnalazione.

7. Personale ridotto nei momenti di maggiore attività.

La de-escalation verbale: una premessa

Quando una situazione potenzialmente violenta rischia di scoppiare, e non ci si trova sotto la minaccia di armi, è appropriato tentare una de-escalation verbale.

Bisogna ricordare che:

Ragionare con una persona rabbiosa è impossibile. L’unico obiettivo nella de-escalation è ridurre il livello della tensione in modo che il dialogo diventi possibile.

Le modalità di comunicazione nella de-escalation verbale non sono “tradizionali”.
Quando si è spaventati si è portati a lottare, fuggire o restare bloccati. Nella de-escalation questi comportamenti non possono essere adottati.

Tecniche di de-escalation verbale

Sono tre gli aspetti da padroneggiare:

1) Controllo di sé

apparire calmo, centrato e sicuro;

usare un tono di voce modulato, basso e monotono;

non stare sulla difensiva: anche se i commenti o gli insulti sono diretti al professionista, essi non lo riguardano personalmente;

avere in mente quali sono le possibili azioni da adottare per mettersi in salvo;

essere consapevoli che un individuo agitato è sensibile alla vergogna e alla mancanza di rispetto: l’obiettivo è che la persona sappia che l’aggressività non è necessaria per essere rispettati.

2) La posizione fisica

non dare le spalle e mantenere una posizione “ad angolo”;
incoraggiare la persona a stare seduta. In caso contrario, anche il professionista è opportuno stia in piedi;

mantenere una distanza maggiore del solito: rabbia e agitazione “riempiono” lo spazio fra due persone;

non mantenere un continuo contatto visivo: permettere alla persona di interrompere questo tipo di contatto;

non puntare né scuotere il dito gesticolando;

non sorridere: può sembrare che ci si prenda gioco della persona e/o che sia una dimostrazione di ansia;

non toccare la persona: la distorsione cognitiva nelle persone agitate porta a fraintendere il contatto;

non tenere le mani in tasca, mantenerle libere e pronte a proteggersi. Ciò comunica anche che non si hanno armi.

3) La de-escalation verbale

parlare con calma, non provare a parlare sopra una persona che sta urlando;

rispondere alle domande in modo selettivo e con un contenuto informativo, non importa quanto aggressivamente siano state poste, come: “Perché devo compilare questi moduli di m…?”;

non rispondere a domande tendenziose, come “Perché tutti gli infermieri sono dei …?”

spiegare i limiti, ruoli e le conseguenze dei comportamenti in modo autorevole, fermo, ma sempre con un tono rispettoso e senza rabbia e minacce;

mostrare empatia con i sentimenti, ma non con il comportamento. Ad esempio: “Capisco che lei abbia tutti i motivi per essere arrabbiato, ma non va bene che lei minacci me o il mio staff“;

non fare domande sui sentimenti della persona e non interpretarli in modo analitico;

non argomentare o provare a convincere;

entrare in contatto, quando possibile, col livello cognitivo della persona; ad esempio, non chiedere “Mi dica come si sente“, ma piuttosto “Mi aiuti a capire quello che lei vuole dirmi“; le persone non aggrediscono mentre stanno spiegando ciò che vogliono si sappia;

suggerire comportamenti alternativi. Ad esempio: “Le va di prendersi un bicchiere d’acqua?“;

illustrare i controlli esterni come istituzionali anziché personali;

se il professionista valuta o sente – e ciò avverrà nel giro di due tre minuti – che la de-escalation non sta funzionando, deve assolutamente fermarsi.
Ulteriori Accorgimenti durante la de escalation. In generale, è sempre buona norma:

Non lasciare incustoditi oggetti potenzialmente pericolosi;

Non rimanere solo con una persona potenzialmente violenta, prevedere la presenza di un mediatore culturale se possibile, mantenere sempre una via di fuga;

Non consentire alla persona potenzialmente violenta di bloccare la via di fuga.
Cosa fare se la De-escalation non funziona?

Se la de-escalation verbale non funziona il professionista deve:

chiedere alla persona di andarsene, accompagnarla alla porta, chiedere aiuto o allontanarsi;

chiamare le Forze dell’Ordine;

evitare qualsiasi comportamento “eroico”, né iniziare la de-escalation se la persona è armata: in questo caso, semplicemente assecondarlo.
Se la situazione non si risolve velocemente:

Allontanarsi;

Chiamare la sicurezza e fornire tutte le notizie utili per facilitare le indagini;

Chiamare in aiuto i colleghi;

Riferire qualsiasi atto di violenza a chi di competenza.
Esistono molteplici tecniche che permettono al professionista di affrontare una emergenza conflittuale con l’utente che si ha di fronte, e di creare un contesto idoneo al dialogo e alla risoluzione.

CONCEDI IL TEMPO PER RIFLETTERE.

Puoi crederci o meno, ma il silenzio è un forte strumento di comunicazione. Il silenzio permette alla persona di riflettere sul quello che sta succedendo e di decidere come proseguire.

CONCEDI IL TEMPO PER DECIDERE.

Lo stress di una persona aumenta quando è messa sotto pressione. Le persone turbate o agitate non hanno la capacità di pensare chiaramente, dagli il tempo di pensare un momento a quello che hai detto.

PERRUCCI ANTONELLA

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L’articolo <strong>De-escalation verbale in caso di violenza su infermieri e operatori sanitari</strong> scritto da Redazione Nurse Times è online su Nurse Times.