Quando nascono, nel 1984, le TED talks partono da una intuizione: tre settori (tecnologia, entertainment e design – da qui l’acronimo) stavano convergendo e stavano per cambiare la storia del mondo occidentale. Lo ripetiamo, era il 1984, l’anno in cui viene commercializzato il primo Macintosh. E nascono in quel modo (18 minuti, una persona in piedi su un palco, un microfono) perché Richard Saul Wurman si era messo in testa di organizzare una conferenza in cui semplicemente non esistevano tutta una serie di cose che detestava: le diapositive, le scalette, le musiche di sottofondo, i cavalierini con i nomi.
“Ideas worth spreading” è anche il motto dei Fine moduloTEDMED: il format delle TED talks applicato alla medicina. Da cinque anni a portare i TEDMED in Italia (per la precisione a Milano) è Fightthestroke, l’associazione nata da Francesca Fedeli e Roberto D’Angelo (TEDMED ambassadors) e che supporta dal 2011 la causa dei bambini sopravvissuti all’ictus, come il loro figlio Mario. L’occasione è quella della giornata Call for Brain: il 30 novembre 2018, nella sala conferenze di Palazzo Reale, a Milano, è stato possibile vedere in anteprima esclusiva i talk del TEDMED americano, e discuterli insieme ai medici, ai pazienti e agli innovatori presenti nella sala.
Chaos + Clarity è il titolo dell’edizione americana di quest’anno delle TEDMED: è dal caos che nascono le domande, è nel caos che vengono fatte le scoperte, è qui che la chiarezza trova lo spazio per esprimersi e manifestarsi. La chiave per la comprensione del reale, ancora una volta, non si trova nell’alternanza fra due opposti, ma nella loro integrazione: lì dove avviene l’intersezione fra caos e chiarezza, in quello spazio si apre la possibilità di capire davvero il reale, che non è mai semplice e riconducibile a uno dei due poli. Non è mai solo caos, non è mai solo chiarezza.
A nascere all’incrocio tra il caos di un evento inaspettato e la chiarezza di una intuizione è anche Fightthestroke.org. È il 23 gennaio del 2011: dieci giorni dopo la nascita del loro figlio Mario, a Francesca e Roberto viene comunicato che il bambino aveva avuto un ictus perinatale. Due anni dopo Francesca e Roberto salgano sul palco del TED per raccontare la loro storia: lo fanno perché nel corso di quei due anni hanno avuto una intuizione. Seguendo un protocollo di riabilitazione sperimentale basato sui neuroni specchio (quei neuroni che si attivano sia quando guardiamo un’altra persona compiere delle azioni sia quando la compiamo noi stessi) si resero presto conto che il bambino invece di guardare le loro mani guardava i loro occhi. Nessuna terapia avrebbe potuto funzionare fino a quando lo “specchio” di Mario (che in quel momento erano gli occhi e il viso di Francesca e Roberto) non gli avesse restituito una immagine diversa dal “problema” che in quel momento il bambino rappresentava: un 80% di probabilità di sviluppare una emiparesi del lato sinistro del suo corpo.
“Le statistiche ti dicono sempre quello che non puoi fare, non ti dicono mai quello che puoi fare” dice Roberto in una intervista. Cosa potevano fare Francesca e Roberto? Potevano cominciare a cambiare prospettiva: parlarne ad esempio, condividendo la loro esperienza in una community online che in seguito, nel 2014, diventerà un’associazione, e domani diventerà una fondazione.

In questi anni i progetti e le idee di Fighthestroke sono stati moltissimi. Fra questi però Mirrorable è il progetto che meglio rappresenta quel cambiamento di prospettiva che i due neogenitori hanno adottato e scelto di perseguire. I neuroni specchio, naturalmente, ne sono alla base. “Mirrorable è una piattaforma interattiva che consente un modello unico di terapia riabilitativa a domicilio, appositamente studiato per rispondere alle esigenze dei bambini che hanno subito danni cerebrali in una fase molto precoce della loro vita, con impatti a livello motorio.” L’innovatività della piattaforma risiede non solo nella possibilità di raccogliere ed elaborare dati da cui far derivare evidenze statistiche utili a sviluppare nuove strategie di riabilitazione, ma soprattutto quello di consentire una diffusione geografia illimitata: “Abbiamo reso la piattaforma un’app accessibile via web, eliminando tutta quella infrastruttura hardware che serviva a gestire il trial clinico” dice Francesca Fedeli. Nasce così Mirrorable “in the cloud” che abbassa i costi di distribuzione e favorisce la sua diffusione.

Innovatività e capacità di migliorare la qualità di vita sia della persona che vive la malattia sia del caregiver sono state riconosciute anche da 40 associazioni di pazienti che hanno votato (e premiato) Mirrorable durante la prima edizione dei Patient’s Digital Health Awards: un bando di concorso ideato dai pazienti per premiare progetti e soluzioni digitali non solo capaci di rispondere alle sfide lanciate dalle nuove tecnologie ma di riconoscere il campo gravitazionale dentro il quale continuare a muoversi: l’essere umano.
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