Sono sempre di più le strutture sanitarie in Italia nelle quali viene impiegata la chirurgia robotica. Risale al 2014 la creazione, all’interno della Casa di Cura Giovanni XXIII di Monastier di Treviso, di una sezione specifica dedicata al trattamento di patologie benigne e maligne degli apparati gastroenterico e urologico con il Robot da Vinci.
In collaborazione con Multimedica Trapanese, la casa di cura trevigiana ha proposto un evento formativo rivolto ai medici di medicina generale, presso la sede dell’Omceo di Trapani.
La Casa di Cura Giovanni XXIII di Monastier di Treviso rappresenta un’eccellenza italiana in quanto è il 4° centro in Italia specializzato in protesi d’anca e ginocchio. La struttura presenta sette sale chirurgiche e un centro di sterilizzazione, il 1° in Veneto.
L’incontro scientifico dal titolo “Le nuove tecnologie della chirurgia ortopedica, digestiva e urologica: dalla protesica alla robotica” ha coinvolto tre professionisti del settore che hanno analizzato e sottolineato i vantaggi nell’utilizzo del Robot da Vinci in alternativa alla laparoscopia classica a cielo aperto e ha mostrato le ultime evidenze disponibili in chirurgia robotica digestiva e urologica, per incrementare anche la conoscenza delle innovazioni tecnologiche in chirurgia ortopedica.
Ad alternarsi il dott. Antonino Leto, collaboratore del dott. Carmelo Morana, con una relazione sul tema “Urologia: chirurgia robotica e laser”, il dott. Annibale D’Annibale che ha parlato di “Alta tecnologia in chirurgia digestiva” e infine il dott. Enrico Gervasi che ha relazionato su “Progresso e avanzamenti in chirurgia di spalla”.
Gli interventi con il Robot da Vinci sono meno invasivi e traumatici e più sicuri della classica laparoscopia, della quale rappresenta l’immediata evoluzione.
«Il Robot da Vinci- spiega Carmelo Morana, primario dell’Unità di Chirurgia urologica della Casa di Cura Giovanni XXIII- ci coadiuva in interventi di chirurgia maggiore, come la prostatectomia radicale o la vasectomia o l’enucleazione di tumori renali, e ancora in interventi di ricostruzione renale come la pieloplastica o, nella donna, la colposacropessi».
L’impiego della chirurgia robotica permette di realizzare soltanto quattro microincisioni di 8mm e una da 2 mm e, grazie all’utilizzo di una microcamera 3D, di ingrandire l’immagine del campo operatorio a 10x. Si accede attraverso l’incisione «con braccia articolate come il polso di una mano, che agevolano i movimenti degli strumenti di volta in volta montati sul robot.
«Questo tipo di tecnologia- continua Morana- fa in modo di rispettare i tessuti e l’anatomia ed evitare complicanze come il sanguinamento, nettamente ridotto con la chirurgia robotica».
Questa procedura, infatti, si rivela molto utile anche nell’asportazione di tumori alla prostata «in cui è possibile evitare di danneggiare i cosiddetti bundles, i fasci muscolonervosi che portano all’erezione. «Con un intervento di chirurgia robotica – spiega -, è possibile effettuare una diagnosi molto precoce e il paziente ha il 70% di possibilità di mantenere un’erezione e una continenza intatte rispetto a un intervento a cielo aperto, per cui la possibilità di impotenza è di circa l’80%».
L’utilizzo in chirurgia generale del Robot da Vinci garantisce anche la riduzione dei tempi di degenza «perché effettuando delle microincisioni- sottolinea Morana- il recupero del paziente è molto veloce, con un tempo di dimissione di circa quattro giorni. Allo stesso modo possono essere fatte delle suture molto precise con cui si riesce ad eliminare in tempi rapidi per esempio il catetere. E’ evidente quindi che dopo circa 6 mesi le ferite chirurgiche siano pressoché invisibili».
L’équipe medica viene ridotta a due medici: il chirurgo operatore in consolle che si occupa dell’intervento, a distanza minima dal tavolo operatorio, e un medico che gestisce il tavolo e gli strumenti chirurgici. «Il medico non ha più la necessità di rimanere in piedi al tavolo operatorio- conclude Morana- ma può operare per tante ore in comodità senza alcuna riduzione del livello d’attenzione causata dalla stanchezza».
Il Robot da Vinci viene impiegato anche in chirurgia generale: «Per esempio in caso di asportazione dei tumori del retto- spiega Annibale D’Annibale, direttore del Centro nazionale di addestramento di chirurgia della società scientifica ACOI (Associazione dei Chirurghi Ospedalieri Italiani)- riusciamo a salvaguardare anche i nervi che afferiscono alla prostata e alla vescica. Vi sono evidenze in questo senso sul confronto con la laparoscopia classica, con la quale sono stati rilevati maggiori danni rispetto all’utilizzo della chirurgia robotica, con meno complicanze di tipo neurologico con erezione e funzionalità vescicale conservate».
La chirurgia robotica agevola per esempio anche gli interventi di asportazione dello stomaco «nei quali è possibile eliminare anche una quantità elevatissima di linfonodi. Con il robot è possibile individuarli e sgusciarli con una certa facilità», sottolinea D’Annibale.
In linea generale, comunque, il Robot da Vinci è applicabile in caso di cancro allo stomaco, al colon retto e al pancreas e in procedure che coinvolgono l’esofago per comprendere tutto l’apparato digerente «sempre che la massa da asportare non sia di grandi dimensioni per cui non è necessario un intervento mininvasivo», aggiunge.
Il futuro poi guarda a un’ulteriore mininvasività. «In questo periodo- continua D’Annibale- sta per essere messo sul mercato un nuovo robot che permette di realizzare una sola incisione da 2 cm con cui accedere con quattro strumenti da 5 mm. Un metodo che consente al chirurgo di raggiungere uno spazio molto limitato con estrema facilità e da un’unica direzione».
Tra i vantaggi della chirurgia robotica, la possibilità di intervenire anche sui pazienti più anziani, over 80, «dal momento che la procedura prevede una riduzione importante dei rischi nel post operatorio come trasfusioni in ospedale e, in caso di inappetenza e vomito, il ricorso ad alimentazione artificiale. L’eliminazione di queste problematiche permette quindi di abbattere i costi connessi al post operatorio. Ma non solo, ha un’importante ricaduta sociale garantendo al paziente un tenore di vita del tutto normale».
L’unica criticità individuata riguarda i costi molto elevati della chirurgia robotica «che vengono però ammortizzati dai benefici, soprattutto sociali, ottenuti. In questo caso specifico quindi- conclude D’Annibale- spendere molto non vuol dire necessariamente spendere troppo».
La Casa di Cura Giovanni XXIII di Monastier con il prof. D’Annibale, guardando al successo dell’evento tenuto a Trapani, si è reso disponibile a una collaborazione didattica con la Sanità siciliana.
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