
Il rumore degli ospedali. Suoni associati per lo più alle nostre funzioni vitali: il battito del cuore è un acuto bip, che moltiplicato per il numero dei pazienti presenti può davvero dar vita a un costante e continuo disorientamento sonoro, che causa distress e peggiora l’ambiente in cui sono immerse persone malate, o in fase di guarigione, ma comunque in una condizione di fragilità e impotenza.
Quando Yoko K. Sen, compositrice di musica elettronica e ambient, è stata ricoverata per la prima volta in un ospedale ha sperimentato anche per la prima volta cosa vuol dire essere immersi nel “suono” di queste strutture. Quattro macchine erano attaccate al suo corpo e ne monitoravano le funzioni vitali: da ognuna di queste proveniva un suono che lei, musicista, interpretava come nota musicale. Sulla base di questo tappeto sonoro, Yoko non poteva non notare le armonie dissonanti create da almeno 3 dei 4 device a cui era connessa. Davano vita al così detto “tritono”, che nel medioevo era definito “la musica del diavolo”. Naturalmente in ospedale questo risultato era del tutto inintenzionale. Ma secondo un articolo del Wall Street Journal quello del rumore nell’ambiente circostante è uno dei motivi di cui i pazienti ricoverati in ospedale si lamentano di più. Senza parlare dell’effetto negativo che può avere su chi in quell’ambiente ci lavora.
“Unnecessary noise is the cruelest absence of care”
Florence Nightingale, 1859
Per medici e infermieri (e per l’intero staff di un ospedale) Yoko Sen ha pensato di realizzare un prototipo chiamato “Tranquillity Room” che ha raccolto il parere entusiasta di coloro che l’hanno utilizzato al Sibley Memorial Hospital, tanto da diventare uno spazio permanente all’interno dell’ospedale.
Il suono, secondo Yoko, non è tenuto nella giusta considerazione: la nostra società, la nostra cultura tende a dare maggior importanza alla esperienza visiva. Ma negli ultimi anni il vento è cambiato: nel 2017 la Medtronic ha chiesto alla Sen Sound, l’azienda di Yoko, di ripensare il suono dei monitor cardiaci impiantabili. I toni da produrre erano 10.
Davvero cambiare un segnale acustico può fare la differenza? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo aspettare che i monitor siano realizzati (e ancora qualche passaggio, soprattutto normativo, deve essere compiuto), ma Yoko sa che il ruolo di un sound designer non è che qualcuno si accorga che ci sia una differenza nel suo dispositivo, ma che quel qualcuno dica: “Non so perché, ma questo prodotto mi piace.”
L’interesse di Yoko per l’ambiente sonoro dell’ospedale si è allargato anche al momento del fine vita. L’udito è l’ultimo dei nostri sensi a spegnersi. “Qual è l’ultimo suono che vorreste sentire?”, con questa domanda si apre l’intervento di Yoko K. Sen allo Stanford Medicine X, che vi consigliamo di guardare (e ascoltare).
L’articolo Associazioni sonore proviene da eColloquia.