by | Mar 23, 2023 | News
Candida auris è un fungo isolato per la prima volta nel 2009 in Giappone dall’orecchio (in latino “auris”) di una donna, tuttavia il primo isolato ad oggi noto risale al 1996 identificato retrospettivamente in una raccolta di campioni coreani. I primi focolai europei risalgono al 2015 in Francia mentre in Italia il primo caso di infezione invasiva è stato identificato nel 2019 seguito da un focolaio nelle Regioni settentriona: li nel biennio 2020-2021.
Candida auris è stato isolato da una serie di siti corporei, tra cui la pelle (molto comune), il tratto urogenitale (comune) e il tratto respiratorio (occasionale), e provoca più raramente infezioni invasive, come candidemia, pericardite, infezioni del tratto urinario e polmonite.
Candida auris è un emergente tipo di Candida che rappresenta una seria minaccia per la salute globale per diversi motivi:
è spesso resistente a più farmaci antimicotici tra quelli comunemente utilizzati per trattare le infezioni da Candida (circa il 90% degli isolati risultano resistenti almeno ad una delle 3 classi di antifungini disponibili)
è di difficile identificazione nei laboratori che non dispongono di tecnologie specifiche, con conseguente gestione inappropriata
l’infezione spesso interessa pazienti già ospedalizzati, può svilupparsi diverse settimane dopo il ricovero e il decesso può avvenire in pochi mesi
le persone possono avere infezioni da C. auris senza saperlo e questa colonizzazione può durare a lungo
può provocare focolai epidemici negli ambienti assistenziali sanitari, anche se non si esclude la possibile diffusione in comunità
è molto infettiva e in genere le infezioni sono di bassa entità, tuttavia nei soggetti con immunocompromissione può causare infezioni gravi
presenta una alta letalità nelle forme invasiva (circa 30% – 70%)
ha la possibilità di creare biofilm che la rende poco suscettibile ai disinfettanti e quindi particolarmente resistente sulle superfici.
Molte caratteristiche di questo microrganismo non sono ancora chiare, come, ad es., la sua provenienza e i meccanismi di resistenza e i motivi delle frequenti infezioni verificatesi negli ultimi anni in luoghi diversi nel mondo.
Diversi studi scientifici allertano sulla frequenza di infezioni da Candida auris in pazienti COVID-19 in vari Paesi.
Modalità di trasmissione e fattori di rischio
La C. auris può trasmettersi attraverso il contatto con superfici e/o dispositivi medici contaminato o il contatto tra persone colonizzate o infette.
Sono più a rischio di contrarre un’infezione da Candida auris i pazienti che:
hanno problemi di salute preesistenti
sono ospedalizzati o si trovano in case di cura
necessitano di dispositivi medici invasivi (per esempio cateteri vescicali, cateteri venosi centrali, tubi per tracheotomia, ecc). Si raccomanda la stretta aderenza alle norme igieniche per l’inserimento e il mantenimento dei cateteri e la cura meticolosa dei siti di tracheotomia. Inoltre, è opportuno valutare continuamente la necessità dei dispositivi invasivi e rimuoverli tempestivamente quando non siano più indispensabili
hanno un sistema immunitario indebolito.
Inoltre i pazienti colonizzati con Candida auris sottoposti a procedure chirurgiche possono avere un maggior rischio di infezioni del sito chirurgico, per questo è raccomandata una preparazione della cute con un agente disinfettante a base alcolica a meno che non sia controindicato.
Segni e sintomi
I segni e sintomi dell’infezione da C. auris variano in base al sito corporeo interessato, tuttavia i sintomi potrebbero non essere evidenti in quanto i pazienti che contraggono l’infezione sono spesso già ospedalizzati e affetti da altre patologie che possono ostacolarne la diagnosi.
I quadri clinici più frequentemente riscontrati nelle infezioni da Candida auris sono:
infezioni del torrente ematico
infezioni intra-addominali
infezioni di ferite
otiti.
Inoltre, C. auris è stato isolato da liquido biliare, tratto respiratorio e urina, ma non è ancora chiaro se possa provocare infezioni, a polmoni e vescica.
Diagnosi
Come altre infezioni da Candida, quelle da C. aurisvengono diagnosticate mediante coltura del sangue o di altri fluidi corporei.
Tuttavia nei test di laboratorio C. auris può essere confusa con altre specie di Candida (in particolare Candida haemulonii), per cui sono necessari particolari test di laboratorio per la corretta identificazione. Gli strumenti diagnostici basati sulla tecnologia MALDI-TOF (Matrix Assisted Desorption Ionization – Time Of Flight) sono in grado di distinguere C. auris dalle altre Candida spp., ma non tutti i database di riferimento degli spettrometri MALDI-TOF includono questa specie.
Nel momento in cui viene riscontrato un profilo di resistenza particolare di Candida spp. si può sospettare la specie auris, ma per la conferma è necessario rivolgersi ad un laboratorio di riferimento.
Tutti i ceppi di C. auris da isolamento clinico devono essere sottoposti ai test di suscettibilità agli antifungini per escludere la terapia con farmaci a cui è resistente.
Terapia
La maggior parte delle infezioni da C. auris sono trattabili con una classe di antimicotici, le echinocandine.
Alcune infezioni risultano particolarmente difficili da trattare a causa della multi-resistenza a diversi agenti antifungini, inclusi fluconazolo (e altri azoli), amfotericina B e echinocandine. Questo comporta una terapia con più farmaci e a dosi più elevate.
Anche dopo il trattamento per le infezioni invasive, i pazienti rimangono generalmente colonizzati per lunghi periodi, pertanto, tutte le misure di controllo delle infezioni devono essere seguite durante e dopo il trattamento dell’infezione da C. auris. In particolare, i pazienti che vengono colonizzati con C. auris sono a rischio di sviluppare infezioni invasive in qualunque momento.
I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) americani non raccomandano il trattamento di C. auris isolata da siti non invasivi (per esempio: vie respiratorie, urina e cute) quando non vi è evidenza di infezione.
Prevenzione e controllo dell’infezione
Si raccomanda di tracciare i contatti stretti di un caso al fine di identificare il prima possibile altri soggetti positivi a C. auris.
I pazienti potenzialmente o già colonizzati o infettati devono essere ricoverati in stanza singola e tutti i visitatori e il personale di assistenza devono osservare la corretta igiene delle mani (con acqua e sapone o soluzione idroalcolica o clorexidina), indossare camice e guanti monouso, assicurare la decontaminazione delle apparecchiature e dei dispositivi utilizzati da altri pazienti.
È importante effettuare uno screening specifico per C. auris, oltre che per i batteri MDR (multiresistenti), nei pazienti con una storia di ricovero in regioni ad elevata prevalenza di C. auris.
Prospettive future
Ulteriori studi sono necessari per comprendere meglio C. auris in modo da poter prevenire al meglio questa infezione.
Gli sforzi futuri dovrebbero essere diretti alla comprensione dei meccanismi biologici, epidemiologia, resistenza antimicotica e patogenesi con l’obiettivo di sviluppare nuovi strumenti e metodi per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento dalla Candida auris.
È stato accertato in Toscana il primo caso di candida auris del 2023 in Italia.
Dopo aver diagnosticato l’infezione fungina – facilmente trasmissibile – il 17 marzo a un paziente che si trovava presso l’ospedale di Cisanello, a Pisa, il direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive dell’ospedale pisano, Marco Falcone, ha voluto rassicurare i cittadini: l’infezione sarebbe sotto controllo.
Redazione NurseTimes
Fonte: ISS – Ministero della Salute
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by | Mar 23, 2023 | News
Sanità pubblica non è più l’isola felice, sono tantissimi gli infermieri e medici che lasciano verso per il privato o addirittura cambiando Professione
Lei è Sara, vive in Umbria, è infermiera.Anzi, era un’infermiera, perché Sara, dopo cinque anni di lavoro nella sanità pubblica e un contratto a tempo indeterminato, ha deciso di dimettersi.
L’ha fatto perché delusa dall’attuale sistema sanitario, che ai suoi occhi non è più un luogo dove si curano le persone, ma un’azienda che eroga prestazioni e monetizza.Quello che prima era un diritto di tutti, ora sta diventando un privilegio di pochi.Sara si è dimessa perché crede nella sanità, quella fatta per le persone, meritocratica, di tutti.Ci crede ancora. E spera che un giorno riprenda a funzionare. Intanto si tira fuori.
“Avevo un contratto a tempo indeterminato e 5 anni di lavoro nella sanità pubblica. Oggi mi sono dimessa. C’è stato chi mi ha incitata e chi mi ha frenata, chi mi ha definito matta e chi coraggiosa. Ho ascoltato tutti, poi ho ascoltato Sara.La Sara infermiera e cittadina che troppo spesso è stata delusa: la sanità pubblica era un diritto, ora è un privilegio.
È stata denudata lentamente ed oggi è sostituita da quella privata. E non ce lo ha detto nessuno. Eppure io ancora ci credo, e ci spero.Spero che gli ospedali tornino ad essere luoghi di cura e smettano di essere aziende che erogano prestazioni.
Spero che si inizi a parlare di persone e non più di pazienti. Che torni di moda la meritocrazia di qualità, calpestata da quella parentale o politica.Spero che si inizi a monetizzare di più il lavoro vero, quello duro e quotidiano, non solo quello straordinario, che svende la professionalità ma garantisce la quantità.
Spero che il sistema riprenda a funzionare e che un giorno avrò parole migliori, perché le cose saranno migliori. Oggi però, devo seguire i miei ideali.Non posso più uniformarmi a un modo di fare che non mi appartiene. Come infermiera mi tiro fuori, ma come cittadina no, non posso più stare in silenzio”.
Redazione NurseTimes
Fonte: Storie degli Altri
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by | Mar 23, 2023 | News
La richiesta è stata formalizzata dalla Società italiana infermieri di emergenza territoriale nel corso di un’audizione in Commissione III.
In data 21 marzo 2023 è stata data audizione alla Società italiana infermieri di emergenza territoriale (Siiet) in Commissione III Assistenza sanitaria e servizi sociali della Regione Puglia per discutere dello stato dell’arte del soccorso pre-ospedaliero in Puglia. Erano presenti il presidente Mauro Vizzino, il consigliere Antonio Gabellone, il consigliere Marco Galante e la responsabile Alta professionalità del Dipartimento Promozione salute, benessere sociale e sport, per tutti della Regione Puglia, dottoressa Antonella Caroli.
La delegata per la regione Puglia della società scientifica, Serena Colapietro (foto), ha esposto i dati rilevati tramite la survey regionale condotta nel 2021 e l’analisi dei flussi operativi delle Centrali operative regionali, ponendo particolare attenzione alla necessità di linee guida operative univoche per tutto il territorio regionale in cui gli infermieri possano essere valorizzati come professionisti indispensabili nell’ambito del sistema pre-ospedaliero di soccorso. E’ stata anche richiesta la costituzione di un tavolo tecnico regionale sul sistema di emergenza-urgenza sanitaria.
Le altre richieste, quali l’implementazione di una formazione avanzata nel percorso di inserimento nel sistema, l’individuazione di un responsabile aziendale per la formazione, la costituzione di un percorso univoco per il neo-assunto che determini l’obbligo di esperienza di almeno tre anni in area critica prima dell’accesso al sistema di emergenza territoriale, l’adeguamento del numero di operatori nelle Centrali operative della regione, sono state depositate tramite documentazione a integrazione dell’audizione.
La commissione, all’unanimità, si è dimostrata concorde con le proposte avanzate in sede di interlocuzione dalla società scientifica e ha preso l’impegno di convocare una seconda audizione sul tema, richiesta dal consigliere Galante, che coinvolga anche l’assessore alla Salute, Rocco Palese, e al contempo di iniziare a lavorare sulle linee guida operative regionali. La Siiet si è dichiarata soddisfatta del feedback ricevuto dalla Commissione Sanità e ha auspicato che gli impegni presi in aula consiliare abbiano una loro concreta attuazione.
Redazione Nurse Times
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by | Mar 22, 2023 | News
Ieri la conferenza stampa alla Camera dei deputati, su iniziativa dell’onorevole Carolina Varchi.
Riconoscimento dell’apnea ostruttiva nel sonno come malattia cronica e invalidante, inserimento nei livelli essenziale di assistenza, istituzione di un Registro nazionale, tutela dei lavoratori affetti, promozione di campagne di informazione e sensibilizzazione, finanziamento pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023 per tre anni. Sono i punti contenuti nella proposta di Legge C. 765 (“Disposizioni in materia di riconoscimento dell’apnea ostruttiva nel sonno come malattia cronica e invalidante”), che vede come prima firmataria l’onorevole Carolina Varchi, capogruppo di Fdi in Commissione Giustizia della Camera, presentata ieri nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta nella Sala stampa di Montecitorio.
A partecipare, tra gli altri, l’onorevole Marcello Gemmato, sottosegretario di Stato alla Salute; l’onorevole Gian Antonio Girelli, componente XII Commissione Affari sociali (Pd); Luca Roberti, presidente dell’Associazione Apnoici Italiani, il dottor Giuseppe Insalaco, pneumologo di IFT-CNR Palermo, il professor Luigi Ferini Strambi, dell’ospedale San Raffaele di Milano.
“L’assegnazione di uno specifico codice ai fini dell’esenzione dalla spesa sanitaria, l’istituzione di centri specializzati OSA, l’erogazione di dispositivi terapeutici e la tutela dei lavoratori attraverso il lavoro agile per le forme più gravi sono soltanto alcuni dei principi contenuti nel provvedimento – ha detto la deputata Varchi nel corso della conferenza stampa -. Attraverso questo provvedimento vogliamo quindi tutelare i cittadini affetti da questa patologia, che spesso viene sottovalutata e che, se trascurata, può causare l’insorgenza di patologie ben più gravi”.
Secondo il sottosegretario Gemmato, quella presentata dalla collega Varchi è una “proposta di legge meritevole”. E ancora: “C’è l’impegno del governo rispetto all’OSAS- ha fatto sapere- una patologia emergente con un costo sostanziale per le casse dello Stato, di circa 3 miliardi di euro, che oggi merita attenzione profonda da parte del Sistema sanitario nazionale. Lo strumento identificato è quello di una proposta di legge: noi, per la parte governativa, cercheremo di interrogare la commissione Lea per chiedere se l’OSAS possa entrare all’interno dei Lea e quindi sotto l’egida del Sistema sanitario nazionale pubblico, rispetto al quale queste patologie vanno ovviamente inquadrate”.
Soddisfatto della proposta di legge presentata anche il presidente dell’Associazione Apnoici Italiani, Luca Roberti: “Per i pazienti questa giornata rappresenta una prima tappa importante per il riconoscimento delle Apnee Ostruttive del Sonno come patologia cronica e della sua rilevanza dal punto di vista sanitario e sociale. Ci aspettiamo che la conversione in legge migliori l’efficacia dell’approccio diagnostico e terapeutico favorendo una maggiore disponibilità di centri territoriali. L’inserimento dell’OSA nel Piano nazionale delle cronicità permetterà di ridurre le conseguenze del costo della terapia e delle sue complicanze, anche riducendo i costi sociali e infortunistici di una patologia dal grande impatto epidemiologico”.
I disturbi respiratori nel sonno, intanto, rappresentano una delle patologie che con maggiore frequenza altera la continuità del sonno, peggiorando così la qualità della vita e provocando conseguenze a volte deleterie sulla salute di chi ne è affetto. “Le sole apnee ostruttive colpiscono in Italia circa 7 milioni di soggetti adulti e di questi circa 4 milioni con una forma conclamata – ha fatto sapere nel corso della conferenza stampa il dottor Giuseppe Insalaco, pneumologo e I° ricercatore sui Disturbi respiratori nel sonno dell’Istituto di Farmacologia Traslazionale / CNR di Palermo -, con percentuali ancora più elevate in chi soffre di ipertensione farmaco resistente, aritmie cardiache, diabete, malattie renali e metaboliche. A queste si aggiungono altri disturbi respiratori del sonno nei pazienti con scompenso cardiaco cronico, nella BPCO, nell’asma bronchiale, nella grave obesità, nelle malattie neuromuscolari, solo per citare alcuni esempi”.
Le OSA possono poi avere importanti conseguenze sul piano neurologico. Tra tutte, spicca l’eccessiva sonnolenza diurna, che si accompagna ad un maggior rischio di incidenti stradali, domestici e in ambito lavorativo. “Tuttavia – ha fatto sapere il professor Luigi Ferini Strambi, neurologo e primario del Centro di Medicina del Sonno dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano – recenti lavori scientifici evidenziano che il 35% dei pazienti con apnee morfeiche ostruttive lamenta non sonnolenza diurna, bensì insonnia: in particolare, si tratta soprattutto di un disturbo di mantenimento del sonno (frequenti risvegli), piuttosto che una difficoltà di addormentamento. Occorre rilevare che l’eccessiva sonnolenza diurna, legata ai microrisvegli necessari per riprendere a respirare normalmente, porta ad una riduzione dell’attenzione e della memoria. La diminuzione intermittente di ossigeno può invece creare, oltre ai noti problemi cardiocircolatori, deficit a livello delle funzioni esecutive. Sono queste le capacità cognitive coinvolte nella pianificazione, organizzazione e regolamentazione dei comportamenti”.
Redazione Nurse Times
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by | Mar 22, 2023 | News
L’eccezionale intervento è stato eseguito per la prima volta al mondo all’ospedale Molinette della Città della Salute.
Si chiama Epygon, è nata in Canavese ed è stata sviluppata in Francia. Per la prima volta al mondo questa protesi mitralica con design rivoluzionario è stata impiantata con successo a cuore battente a Torino. Per posizionare questa protesi non è infatti necessario ricorrere alla tradizionale circolazione extracorporea, ossia all’intervento “a cuore aperto”. Si tratta di procedure chiamate “transcatetere”, che vengono effettuate in modo ottimale da parte di gruppi specializzati, chiamati Heart Team.
Questa è la tecnica già applicata in tutto il mondo sulla valvola aortica (TAVI) per pazienti molto anziani o ad alto rischio operatorio. Perché è dunque innovativo applicare lo stesso metodo sulla valvola mitrale? Innanzitutto le fasi dell’invenzione e dello sviluppo sono molto più difficili perché l’anatomia di questa valvola è ben più complessa di quella della valvola aortica. Ma non solo: l’intervento necessita della perfetta collaborazione dell’Heart Team in centri iper-specializzati.
Pochi giorni fa questa nuovissima protesi mitralica transcatetere è stata impiantata per la prima volta al mondo nell’uomo presso il Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino (diretto dal prof. Mauro Rinaldi), con il supporto del prof. Marco Vola (direttore della Cardiochirugia universitaria di Lione e consulente per il gruppo AFFLUENT, la società francese che ha sviluppato la protesi).
L’intervento è stato eseguito in assoluta prima mondiale dal prof. Stefano Salizzoni, coadiuvato dal dott Michele La Torre e dal dott. Antonio Montefusco. Il fondamentale supporto per le immagini ecografiche è stato fornito dal dott. Gianluca Alunni e dal dott. Alessandro Vairo, afferente alla Cardiologia universitaria (diretta dal prof. Gaetano Maria De Ferrari). Il supporto anestesiologico è stato garantito dal dott. Michelangelo Delù.
La paziente è una donna di 62 anni che soffriva di una grave forma di insufficienza mitralica, giudicata non trattabile con intervento cardiochirurgico tradizionale per molteplici fattori di rischio. L’intervento è perfettamente riuscito e la paziente è stata trasferita presso la Riabilitazione di Veruno (diretta dal dott. Massimo Pistono), dopo soli cinque giorni di ricovero.
La nuova protesi Epygon ha un design unico ed eccellente, perché minimizza i rischi di dare fastidio alle altre strutture del cuore, e, grazie alla particolarità di avere solo due lembi (tutte le protesi biologiche mitraliche ne hanno tre), permette di riprodurre il flusso fisiologico del sangue nel ventricolo sinistro, imitando la valvola originale e migliorando in questo modo anche la funzione del muscolo cardiaco.
Il prof. Stefano Salizzoni, tra i maggiori esperti mondiali di questo tipo di procedure, ritiene che Epygon possa aprire nuove prospettive poiché rende l’impianto facile e riproducibile, caratteristiche che fanno ben sperare per i numerosi pazienti che non possono essere sottoposti a un intervento tradizionale “a cuore aperto”. I direttori dei Centri universitari di Torino e Lione, Mauro Rinaldi e Marco Vola, esprimono soddisfazione per il risultato clinico, per la collaborazione forte tra le due equipe, soprattutto perché il processo di ricerca e sviluppo della protesi valvolare è stato tutto condotto in ambito europeo, tra Italia e Francia.
L’idea di Epygon nasce nel bioparco di Colleretto Giacosa (piccolo paese canavesano vicino a Ivrea) da un gruppo di bioingegneri piemontesi uscito dallo storico gruppo Sorin, leader negli anni Ottanta e Novanta nel campo delle protesi cardiache biologiche. La francese AFFLUENT Medical ha creduto fin dall’inizio nel progetto e per questo ha investito nello sviluppo di questa protesi rivoluzionaria.
La protesi mitrale Epygon ha superato buona parte di un lungo iter grazie alla sinergia vincente tra industria, aziende ospedaliere ed università dei due stati limitrofi, e ha ottenuto il nullaosta del Comitato Etico Interaziendale. Questa fase si chiude con il successo dell’intervento portato a termine a Torino, dove Epygon sta funzionando in un cuore umano a pochi chilometri da dove è stata ideata e prodotta.
Redazione Nurse Times
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