by | Gen 31, 2023 | News
Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa a firma del presidente Pierpaolo Volpe.
Il dottor Pierpaolo Volpe, presidente di Opi Taranto, sottolinea il rischio di creare “cattedrali nel deserto” con i fondi del Pnrr, senza che siano previste adeguate assunzioni e che siano revisionati i modelli organizzativi. “Senza un vero investimento sul personale”, il Pnrr sarà un fallimento annunciato, avverte ilpresidente dell’Ordine tarantino.
“I fondi del Pnrr – spiega il presidente – sono per la maggior parte prestiti che dovranno essere comunque restituiti nei prossimi anni. Finanziano infrastrutture, quindi beni “immobili”, e non le assunzioni di personale. Per questo, senza un intervento strutturale sulla sanità e di revisione dei modelli organizzativi, saremo costretti a registrare il fallimento del progetto dell’assistenza di prossimità e delle cure primarie.
“Il DM77 – afferma Volpe – ha previsto gli standard di personale per ospedali di comunità, centrali operative territoriali (COT) e case di comunità. Senza adeguate assunzioni e la revisione dei modelliorganizzativi che modifichino il paradigma della sanità da una visione ospedalocentrica a una di prossimità (sanità di iniziativa nell’ambito delle cure primarie), avremo infrastrutture vuote, che ciricordano da vicino l’Ospedale Covid della Fiera del Levante di Bari”.
E ancora: “A breve proporrò alla direzione strategica della Asl Taranto l’istituzione dell’ambulatorio del ‘See and Treat’ al Pronto soccorso di Taranto. Dobbiamo guardare ai modelli organizzativi più evoluti dei nostri. Va sottolineato che presso il Pronto soccorso dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Siena èattivo l’ambulatorio ‘See and Treat’, gestito da personale infermieristico per tenbere a freno il fenomeno del sovraffollamento. Si tratta di un nuovo servizio, attivato con professionisti che hanno seguito una specifica formazione, per trattare i casi clinici con codice minore”.
Prosegue Volpe: “L’istituzione dell’ambulatorio ‘See and Treat’ è una delle azioni intraprese dalla direzione aziendale senese, di concerto con il Dipartimento delle professioni infermieristiche e ostetriche, diretto dalla dottoressa Maria Serena Beccaluva, e il direttore del Pronto soccorso. In Puglia c’è una scarsa propensione al cambiamento, e questa cosa mi preoccupa molto. Siamo tra le regioni che applicano modelli organizzativi vetusti”.
Conclude il presidente di Opi Taranto: “Dobbiamo guardare all’Emilia Romagna e alla Toscana, che con pizzico di ironia mi viene da dire ‘non sono Paesi europei’, bensì regioni italiane che senza leggi speciali hanno adottato, a invarianza di spesa, modelli organizzativi rispettosi della normativa in materia di professioni sanitarie, con un miglioramento oggettivo dell’offerta sanitaria”.
Redazione Nurse Times
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Opi Taranto: “Senza personale, il Pnrr e l’assistenza di prossimità saranno un fallimento”
Salutequità: “Da Rapporto CREA giunge allarme disuguaglianze”
Protocollo Lilt-Fnopi: infermieri al fianco della Lega italiana per la lotta contro i tumori nella lotta al cancro
Padova, espianto di tessuto ovarico in laparoscopia eseguito su giovane paziente oncologica
Foggia, l’appello di un’oss del Gruppo Telesforo: “Non paragonateci a chi ha maltrattato i pazienti del Don Uva”
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by | Gen 31, 2023 | News
Il seguente comunicato stampa evidenzia la necessità di mettere in camponuove politiche per l’accesso alle cure. Aceti: “Rafforzare il ruolo del livello centrale nel controllo e nel supporto alle Regioni”.
Il Rapporto CREA Sanità 2023 restituisce un’immagine preoccupante sull’equità dell’assistenza sanitaria. L’accesso universale alle cure è regredito con la pandemia e non accenna a riprendersi. La spesa sanitaria del Ssn raggiunge il 75,6% della spesa sanitaria totale, contro una media dell’82,9% nei Paesi Ue e i cittadini hanno speso circa 41 miliardi di tasca propria per la sanità, 1.734 euro in media per famiglia, il 5,7% dei consumi totali, con un’incidenza complessiva sul Pil del 2,3%, contro la media Ue del 2%. Ma quel che è peggio, secondo il Rapporto, è la riduzione dei consumi sanitari, che nel solo 2020 è stata del -8,5%, con forti differenze geografiche.
Inoltre peggiorano anche altri indici di equità. Nel 2020, 378.627 nuclei (l’1,5%) si impoveriscono per le spese sanitarie e 610.048 (il 2,3 %) devono sostenere spese cosiddette “catastrofiche”. Numeri che nel tempo sembrano calare, ma solo perché aumentano le rinunce. Sommando queste ultime agli impoverimenti, le famiglie che registrano un disagio economico a causa dei bisogni sanitari sono 1,3 milioni, in crescita dello 0,6% rispetto al 2019. Aumenta anche il rischio, secondo il Rapporto, che una parte della popolazione voglia fuoriuscire dal sistema pubblico. Ad esempio, durante la pandemia solo le famiglie appartenenti al 20% più abbiente hanno potuto contrastare le difficoltà di accesso ai servizi del Ssn con un aumento della loro spesa privata.
In queste condizioni, spiega il CREA, il 40% di risorse del Pnrr vincolate per il Sud potrebbero non essere sufficienti a riequilibrare equitativamente il Ssn. E’ necessario agire anche sul riparto della spesa corrente, in primo luogo considerando quella parte di spesa privata che rappresenta uno sgravio per i conti delle Regioni, e che incide maggiormente in quelle dove il reddito medio è più alto. Ad esempio, in Lombardia arriva a 828,3 euro pro-capite, mentre in Sardegna si ferma a 442,9 euro.
“È fondamentale mettere subito in pista politiche per l’accesso alle cure, a partire dal rilancio e dal finanziamento di una strategia nazionale per il governo delle liste di attesa, l’aggiornamento del Piano nazionale della cronicità, la revisione e il rafforzamento del Nuovo Sistema di garanzia dei Lea, oggi inadeguato per misurare ciò che effettivamente viene garantito ai cittadini dalle Regioni”, ha affermato alla presentazione del Rapporto CREA, Tonino Aceti (foto), presidente di Salutequità, laboratorio italiano di analisi innovazione e cambiamento delle politiche sanitarie e sociali.
E ha aggiunto: “Consideriamo ineludibile rafforzare il ruolo del livello centrale nel controllo e nel supporto alle Regioni, e lavorare a un Piano straordinario per il capitale umano del Ssn in grado di definire strategie e investimenti di breve, medio e lungo periodo, per affrontare in modo strutturale il problema delle carenze di organico, della mancata valorizzazione economica e professionale, della sicurezza, del benessere organizzativo e della scarsa attrattività delle professioni sanitarie e sociali e del loro esercizio all’interno del Servizio sanitario, anche queste ben sostanziate nel Rapporto CREA”.
Redazione Nurse Times
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by | Gen 31, 2023 | News
Previste azioni di comunicazione, prevenzione, formazione specifica per i cittadini e nelle scuole.
Il protocollo firmato da Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori) e Fnopi (Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche) racchiude una serie di azioni a sostegno della lotta contro il cancro, oltre che di supporto nella cura e nell’assistenza ai malati e alle loro famiglie. In sintesi: educare, soprattutto le nuove generazioni – ma non solo –, a orientare stili di vita e ai principi della prevenzione oncologica; agire su tutti i livelli, dalla comunicazione della prevenzione di genere, primaria, secondaria, terziaria, alla formazione, soprattutto rivolta al volontariato, per sviluppare azioni e campagne contro il cancro, unendo sistemi, competenze e responsabilità diverse.
La Lilt agisce da oltre un secolo in questo settore con campagne, iniziative, studi attività di anticipazione diagnostica e di assistenza psico-sociosanitaria, anche nella riabilitazione e nell’assistenza domiciliare, e ora, grazie al protocollo con Fnopi, il fronte della lotta al cancro si allarga con il contributo degli oltre 460mila infermieri presenti in Italia.
Grazie alla prevenzione e all’azione mirata delle campagne di prevenzione e comunicazione sugli stili di vita, in Italia si muore di cancro in media il 12% in meno rispetto agli altri Paesi europei. Sono diminuiti i decessi per tumore e migliora la sopravvivenza, ma ogni giorno in media circa mille persone ricevono una diagnosi di tumore. La pandemia ha abbattuto gli screening e ritardato la diagnosi precoce, per questa ragione il protocollo Lilt-Fnopi vuole supportare la fase post-pandemica e permettere a sempre più cittadini di ricevere la giusta assistenza e in tempo.
Le azioni previste dal protocollo includono l’attivazione di iniziative di comunicazione istituzionale e di campagne di divulgazione alla cittadinanza, grazie a eventi formativi nelle scuole, e agli stessi infermieri in materia di prevenzione. Poi la prevenzione di genere, sia per la donna che per l’uomo. Saranno organizzate in questo senso campagne di prevenzione per i tumori maschili e femminili, con il coinvolgimento dei media e dei vari stakeholder, superando ostacoli e barriere comunicative, sociali e organizzative “di genere”.
Per la prevenzione primaria, Lilt e Fnopi condivideranno nei contenuti e nella modalità di divulgazione dei “consigli di prevenzione” diretti a tutta la popolazione: dal modo corretto di alimentarsi e di fare attività fisica fino alle azioni su particolari categorie di persone considerate “ad alto rischio”, come i fumatori.
Un’importante parte della campagna sarà poi dedicata anche alla vaccinazione. Fra gli strumenti della prevenzione primaria condivisi ci sono anche i vaccini contro specifici agenti infettivi che aumentano il rischio di cancro, come il virus dell’epatite B (tumore del fegato) o il Papilloma virus umano – Hpv (responsabile del cancro della cervice uterina).
Nella prevenzione secondaria Fnopi darà supporto alla Lilt nelle sue campagne di sensibilizzazione, che prevedono anche visite mediche per la diagnosi precoce ed esami diagnostici per diversi tipi di tumore, eseguiti presso i circa 400 ambulatori Lilt (la lista sarà disponibile sul sito).
Obiettivo della prevenzione terziaria è soprattutto curare e promuovere la prevenzione delle cosiddette recidive o nel caso di eventuali metastasi dopo che la malattia è stata curata con la chirurgia, la radioterapia o la chemioterapia (o tutte e tre insieme), e diffondere programmi omogenei di presa in carico delle persone guarite da cancro, incidendo sulle disuguaglianze territoriali con modelli di organizzazione della prevenzione terziaria oncologica, anche per specifici livelli essenziali di assistenza.
Infine la formazione, che si articolerà in tre momenti: “stare accanto” al malato e alla sua famiglia a domicilio, in ospedale e nel trasporto per le terapie, sostenendolo in tutte le necessità sia per gli aspetti pratici sia per gli aspetti psico-sociali; prevenzione e diagnosi precoce, accogliendo chi si reca presso gli ambulatori e le sedi Lilt, per fornire informazioni e orientamento ai servizi di prevenzione offerti; sensibilizzazione e raccolta fondi, attraverso la divulgazione di materiale informativo e promuovendo il progetto con le istituzioni; attuare interventi di sensibilizzazione per la diffusione della cultura della prevenzione presso scuole e aziende e collaborare nell’organizzazione di eventi per la raccolta fondi, allestire e presiedere gli stand.
Redazione Nurse Times
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by | Gen 31, 2023 | News
Per l’assessore alla sanità del Veneto, Manuela Lanzarin, questo intervento “apre una strada importante per la preservazione della fertilità”.
Il primo espianto di tessuto ovarico su una paziente oncologica di 14 anni effettuato a Padova, primo centro in Veneto, “apre una strada importante per la preservazione della fertilità, un percorso che nella nostra regione ha raggiunto l’avanguardia ponendosi tra i primi centri in Italia”. Così Manuela Lanzarin, assessore alla Sanità del Veneto, commenta l’intervento eseguito dalla Pma dell’Azienda Ospedale Università di Padova, il Centro di procreazione medicalmente assistita diretto da Alessandra Andrisani.
Le ultime linee guida dell’Aiom hanno inserito il tessuto ovarico tra le modalità di preservazione della fertilità, benché sia una tecnica sperimentale. “Si tratta di una nuova modalità di preservazione della fertilità – aggiunge Lanzarin -, grazie alla quale oggi siamo in grado di preservare la possibilità di diventare madri in nuove categorie di pazienti oncologiche, prime tra tutte le bambine. Ma anche le pazienti affette da tumori particolarmente aggressivi, per cui non ci sarebbe il tempo di effettuare la crioconservazione degli ovociti”.
“Questa tecnica – ricorda la Regione Veneto in una nota – ad oggi ha consentito la nascita di poche migliaia di bimbi, ma tutti sani, e senza alcun rischio per le mamme. Un grande vantaggio del tessuto ovarico è rappresentato dal fatto che una volta reimpiantato inizia a funzionare, producendo ormoni, proprio come l’ovaio, per cui potenzialmente ripristina la fertilità naturale (non è dunque sempre necessario ricorrere alla ivf) ma anche la funzione endocrina (riducendo i sintomi da menopausa e i rischi, ad esempio di osteoporosi)”.
L’intervento avviene grazie a una semplice laparoscopia e ogni reimpianto può durare di media cinque anni. A Padova è stata recentemente inaugurata la nuova struttura dedicata alla procreazione medicalmente assistita dell’Azienda Ospedale Università, con un investimento di oltre 4 milioni di euro. Lo spazio, di 563 metri quadri, è dotato di quattro ecografi di ultima generazione, che consentono lo studio in 3D dell’utero, di attrezzatura per la sala operatoria e per il laboratorio, di apparecchiature per Icsi, ovvero l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo, di due microscopi, di una banca criogenica per la conservazione di gameti e tessuti, di analizzatori computerizzati per l’analisi cinetica del liquido seminale ed incubatori che permettono di visualizzare in tempo reale lo sviluppo dell’embrione.
“Ad oggi – evidenzia Lanzarin – la Pma di Padova, individuata come centro hub dalla nostra delibera del 2022, che ha costituito la rete Veneta della Pma, sono state prese in carico 10mila coppie, effettuati 6mila trattamenti e ci sono state 200 preservazioni della fertilità. Numeri che indicano il ruolo determinante che ha questa struttura rispetto al territorio, dalla presa in carico, che richiede tre mesi per una prima visita, ai trattamenti e ai controlli per i quali non ci sono liste di attesa. Per il Veneto si tratta di una vera punta di diamante, che garantisce l’accesso alla procreazione assistita ed è sinonimo di progresso e speranza, grazie agli studi e ai protocolli legati all’oncofertilità. L’espianto di tessuto ovarico rappresenta l’ultima tappa di un lungo percorso di attenzione nei confronti della donna e della sua possibilità di diventare madre in modo sicuro, seguendo un iter che tiene conto anche della sua sicurezza e dell’aspetto psicologico”.
Redazione Nurse Times
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Nella lettera inviata alla redazione di Foggia Today un’operatrice socio-sanitaria chiede rispetto per chi svolge il proprio lavoro “con amore”.
“Rompo il silenzio. Il mio”. Una oss che lavora in una struttura del Gruppo Telesforo di Foggia ha deciso di prendere le distanza da quanto accaduto all’interno di un’area della struttura sanitaria Opera Don Uva, dove 30 persone sono state arrestate per violenze e maltrattamenti su pazienti psichiatrici.
“Sono un’operatrice socio-sanitaria – spiega in premessa la donna, che vuole restare anonima, a Foggia Today -. Quello che è accaduto non ha giustificazioni e, come voi, come tutti, sono amareggiata e arrabbiata per quanto è accaduto presso la sede Don Uva. Quei filmati sono stati una lancia al cuore, per voi, per me, per i miei datori di lavoro, che hanno investito una vita per fare della sanità pugliese un fiore all’occhiello in tutta Italia”.
La dipendente passa quindi in rassegna il ruolo dell’oss all’interno della struttura, precisando che l’inchiesta non ha riguardato la Rsa: “Non siamo dipendenti presi nel mazzo: abbiamo seguito corsi di formazione, tirocinio, affiancamenti e, soprattutto, siamo supervisionati dai nostri datori di lavoro, che camminano dietro di noi nei corridoi. I loro passi silenti non ci fanno mai abbassare la guardia, perché tutto a ogni fine turno deve essere perfetto e fatto bene”.
E ancora: “La città sta organizzando una marcia contro gli oss, ma quelli – gentilmente – non chiamateli oss, perché offendete la categoria e quanti svolgono il proprio lavoro con amore. I nostri pazienti vengono trattati con amore, hanno cure, calore e, soprattutto, la nostra mano stretta alla loro. Non siamo mai stanchi e l’amore che diamo non è mai troppo. Per questo non meritiamo che sia fatto di tutta l’erba un fascio. Diventiamo amici delle famiglie, le rassicuriamo quando vengono dai loro cari e toccano con mano il benessere psicofisico dei loro cari. Pertanto non paragonateci a loro”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Foggia Today
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