Consulta Giovani, la partecipazione si allarga: Piemonte e Valle d’Aosta insieme. Al via il Collettivo interregionale

Consulta Giovani, la partecipazione si allarga: Piemonte e Valle d’Aosta insieme. Al via il Collettivo interregionale

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa a cura di Opi Torino.

Tutto pronto per l’importante appuntamento del Collettivo interregionale delle Consulte Giovani di Opi Torino. Sabato 1° ottobre, nella sede dell’Ordine, si raduneranno i rappresentanti delle Consulte provinciali di Piemonte e Valle D’Aosta, coronando quanto avviato nei primi mesi di quest’anno, quando sono state gettate le fondamenta per la nascita di un Collettivo in grado di abbracciare ben due regioni.

«Il percorso è stato lungo – spiega Alessio Rizzo, coordinatore della Consulta di Torino e del Collettivo interregionale -. Tutto è nato dalla necessità di replicare quanto di buono sta avvenendo a Torino ormai da quattro lunghi e produttivi anni. La fase iniziale è stata organizzata grazie alla collaborazione di Cnai-Cespi, che ha fornito un importante supporto metodologico, del Coordinamento Regionale appunto, e della Consulta Giovani di Opi Torino, che ha messo la propria esperienza al servizio della comunità degli infermieri. Dopo i lavori del workshop di sensibilizzazione alla politica professionale, abbiamo valutato insieme l’utilità di coordinarci globalmente per aumentare il potere aggregativo delle singole esperienze e accrescere la collaborazione e il confronto a tutta la rete interregionale».

Iniziativa che ha visto il sostegno concreto di Massimiliano Sciretti, presidente del Coordinamento regionale Opi e dell’Ordine di Torino: «Credere nei giovani è un investimento. Supportarli concretamente vuol dire avvicinarli fattivamente alla politica professionale e all’Opi. Un Ordine che deve essere davvero la casa di tutti gli infermieri, che da esso possano sentirsi rappresentati e sostenuti, che dia loro lo spazio e il tempo per proporre e mettere in pratica soluzioni, per contribuire in prima persona alle scelte che caratterizzeranno il futuro della nostra professione. In questi anni i giovani colleghi della Consulta di Torino si sono dimostrati forza motrice di un movimento spontaneo, competente e volenteroso nel portare un valore aggiunto e diverse progettualità di rilievo, che sono state poi realizzate, coinvolgendo sia la cittadinanza che i colleghi. Questo non può che farci ben sperare per il futuro anche nelle altre province di Piemonte e Valle d’Aosta, che stanno vedendo nascere nei loro territori organi consultivi analoghi».

Dopo la presentazione dei vari progetti a carattere provinciale volti al Public Engagement, all’orientamento professionale degli adolescenti, alla diffusione di informazioni chiare rispetto all’infermieristica di famiglia e comunità e all’educazione alla salute rivolta ai cittadini, i giovani infermieri hanno condiviso ed elaborato strategie comuni, utili a perseguire azioni locali progettate in maniera globale.

«Avere una finestra di confronto tra consulte – sottolinea Giulio Di Stefano, vice-coordinatore del Collettivo e referente della Consulta di Asti – potrà aiutarci in questi primi passi e permetterci di coordinarci in maniera efficace e crescere insieme nell’ottica dello scambio reciproco di esperienze, saperi e metodologie».

Momento chiave della giornata sarà l’approvaizone delle Linee di impostazione e di orientamento delle Consulte e del Collettivo interregionale, un documento con cui i giovani infermieri piemontesi e valdostani intendono esplicitare il significato dell’esistenza delle Consulte Giovani Opi, nonché lo “sguardo politico” che dovrà caratterizzare la loro azione in riferimento al sistema professionale nelle sue varie forme di esercizio, di rappresentanza e di associazionismo.

«In questo documento – conclude Rizzo – esplicitiamo la nostra identità valoriale, aggregativa e professionale. E indichiamo i valori che ci muovono e gli obiettivi e le sfide che vogliamo accogliere ancora in futuro. Sono orgoglioso di quanto siamo riusciti a costruire in questi quattro anni come Consulta di Torino, trasformandoci da un manipolo di persone che non si conoscevano in una comunità compatta, ambiziosa, realista e sognatrice allo stesso tempo».

Redazione Nurse Times

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Medicina di prossimità, dichiarazioni shock di Gemmato (FdI): “No alle case di comunità. Bastano medici di famiglia e farmacisti”. Si va verso una controriforma?

Medicina di prossimità, dichiarazioni shock di Gemmato (FdI): “No alle case di comunità. Bastano medici di famiglia e farmacisti”. Si va verso una controriforma?

Il responsabile sanità di Fratelli d’Italia, intervistato da AdnKronos Salute, sminuisce la riforma delle cure primarie avviata dal ministro Speranza.

Fanno scalpore le dichiarazioni resa all’AdnKronos Salute da Marcello Gemmato, responsabile sanità di Fratelli d’Italia, il partito che ha ottenuto il maggior numero di preferenze alle recenti elezioni politiche e che dunque guiderà la coalizione di centrodestra al Governo. Dichiarazioni che suonano come un dietrofront rispetto alla riforma delle cure primarie avviata dal ministro della Salute, Roberto Speranza.

Per potenziare il territorio e offrire una medicina di prossimità consona alle esigenze dei cittadini, secondo Gemmato, non servirebbero le case di comunità, ma bisognerebbe invece “puntare sui medici di famiglia e sui farmacisti dotati di strumenti diagnostici di base”. Quegli strumenti, cioè, che saranno assegnati a tali professionisti in virtù di uno specifico decreto, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

“Con la dotazione di 7 miliardi di euro prevista dal Pnrr per la telemedicina – spiega il responsabile sanità di FdI – questi professionisti, se forniti di apparecchiature idonee, possono rendere gli studi medici e le farmacie degli hub in cui fare analisi di prima istanza, ecografie, elettrocardiogrammi. Si potrebbe contare in questo modo su una sanità diffusa che può sopperire anche alla chiusura di tanti ospedali e permettere un’assistenza accessibile a tutti”.

E ancora: “Per potenziare il territorio con i fondi del Pnrr il ministro Speranza ha puntato su 1.350 case di comunità, ma nella pratica queste strutture rischiano di non realizzare una vera medicina di prossimità, visto che prevedono un bacino di utenza di 50mila persone. E questo esclude di fatto i piccoli paesi, le aree interne, le aree disagiate, che dovrebbero essere accorpate per raggiungere 40mila abitanti. Ciò significa che alcuni utenti dovrebbero farsi 20 minuti di macchina per arrivare alla casa di comunità. E questa non è una soluzione. Il medico di famiglia e il farmacista attrezzati, invece, garantiscono un’assistenza di base davvero prossima. Noi vogliamo investire in professionisti della sanità, anche per superare un’assistenza a macchia di leopardo, aggravata della regionalizzazione”.

La posizione di Gemmato non ha mancato di suscitare perplessità. Come quelle espresse da Andrea Filippi, segretario nazionale di Fp Cgil: “Abbiamo contestato la riforma di Speranza per la mancanza di una visione di sistema che davvero potenziasse i servizi mutiprofessionali. Ora le proposte di Fratelli d’Italia sembrano addirittura una strategia per svuotare il Ssn dall’interno e lasciare campo libero alla privatizzazione”.

Redazione Nurse Times

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Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto sulla diagnostica di primo livello a medici di famiglia e case della comunità

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto sulla diagnostica di primo livello a medici di famiglia e case della comunità

Dopo una lunga attesa, il provvedimento diventa effettivo. Vediamo cosa prevede.

È stato finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo delle misure previste dalla Manovra 2020 che stanziò 235 milioni per la diagnostica di primo livello ai medici di famiglia. Una prima versione del testo, firmata nel gennaio del 2020 dal ministro della Salute, Roberto Speranza, non era mai stata approvata in Conferenza Stato-Regioni. Cosa accaduta, invece, nel luglio scorso con il via libera dato a una nuova versione, presentata a maggio e contenente alcune modifiche (vedi il testo allegato). Grazie a questo provvedimento sarà dunque possibile effettuare un Ecg, una spirometria o un’ecografia dal medico di famiglia. Ma vediamo nel dettaglio cosa prevede il decreto.

Nel nuovo testo si specifica come le apparecchiature di diagnostica di primo livello saranno assegnate in via prioritaria:– alle case della comunità hub;– alle case della comunità spoke;– agli spoke rappresentati dagli studi dei Medici di medicina generale e pediatri di libera scelta.– alle aggregazioni di medicina di gruppo, tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne, rurali, piccole isole e periferie urbane, nel pieno rispetto del principio di prossimità. In queste aree, dove, per le caratteristiche geografiche e morfologiche del territorio, la casa della comunità risulta particolarmente distante, lo studio del mmg deve essere ulteriormente rafforzato (strumenti di prima diagnostica, rete e telemedicina) al fine di garantire un’assistenza di prossimità adeguata e non accrescere le diseguaglianze territoriali.

Le Regioni dovranno presentare al ministero della Salute, entro 90 giorni dalla pubblicazione del decreto, un piano pluriennale dei fabbisogni per l’utilizzo anche parziale delle risorse assegnate.

Il piano dei fabbisogni deve contenere:– gli obiettivi di salute che si intendono perseguire;– l’elenco delle apparecchiature sanitarie per la diagnostica di primo livello che si intendono acquisire, comprensivo di descrizione della tecnologia, dei costi di acquisto e di installazione;– una relazione sulle modalità di impiego delle apparecchiature sanitarie e sull’assetto organizzativo che si intende adottare ai fini dell’erogazione delle prestazioni assistenziali, tenendo conto delle diverse forme organizzative in cui operano i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta;–  i tempi di acquisizione e di messa in funzione e collaudo delle apparecchiature sanitarie;  – il piano regionale di formazione per i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta o l’adesione a quello predisposto dall’Istituto Superiore di Sanità;– un piano di manutenzione, assistenza e aggiornamento, comprensivo anche delle modalità di fornitura e smaltimento dei consumabili necessari per il funzionamento dei dispositivi di proprietà delle aziende sanitarie che si intendono adottare sulle apparecchiature sanitarie;– l’individuazione di specifici indicatori di processo e di risultato attraverso i quali le aziende sanitarie procedono a misurare l’attività svolta, secondo quanto previsto dagli accordi integrativi regionali e in coerenza con il Nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria.

I medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta che possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi assistenziali individuati dagli accordi integrativi con propri dispositivi certificano il proprio contributo alle medesime finalità del decreto, secondo le modalità definite nell’ambito degli accordi stessi.

ALLEGATO: Testo del decreto

Redazione Nurse Times

Consulta Giovani, la partecipazione si allarga: Piemonte e Valle d’Aosta insieme. Al via il Collettivo interregionale
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Chiara “perché la Asl Foggia chiama gli idonei e non procede con le stabilizzazioni degli infermieri precari?”

Chiara “perché la Asl Foggia chiama gli idonei e non procede con le stabilizzazioni degli infermieri precari?”

Gentil direttore di NurseTimes,le scrivo da infermiera idonea, ma precaria, del famoso concorso pubblico pugliese.

Come i suoi lettori potranno ricordare il concorso per 566 posti di infermieri è stato espletato correttamente ed ha prodotto una graduatoria di oltre 4mila infermieri.

Dopo gli annunci da parte della regione di procedere con le stabilizzazioni del personale precario che in questi anni è stato in prima linea contro il covid, la Asl di Foggia controcorrente decide invece di assumere gli idonei attraverso lo scorrimento della graduatoria.

Secondo gli ultimi pronunciamenti della Cassazione sul precariato ad avere la precedenza nelle assunzioni, invece, sarebbero appunto questi ultimi e successivamente, una volta esaurito il numero degli infermieri stabilizzabili, procedere con lo scorrimento della graduatoria.

Gli infermieri precari hanno diritto alla stabilizzazione secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 268, lettera b) della Legge 234/2021 in materia di valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l’emergenza Covid-19 nelle aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale e della c.d. Legge “Madia”.

Gli infermieri idonei chiamati dalla Asl di Foggia non residenti nella provincia, vengono indirizzati sul territorio come “infermieri di famiglia”, con una prospettiva economica poco attraente e che porterà molti di loro inevitabilmente alla rinuncia dell’opportunità lavorativa.

Ovviamente si tratta di farsi i “conti in tasca”. Per i non residenti nella provincia di Foggia diventa una scelta difficile: a fronte di uno stipendio base di 1600 euro, non si riuscirebbe nemmeno a coprire le spese di base per potersi trasferire nel luogo di lavoro.

Il mio appello lo rivolgo al nostro presidente Michele Emiliano affinchè dia seguito alle stabilizzazioni del personale precario così come più volte annunciato.

Chiara Caradonna

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Virus respiratorio sinciziale: parere positivo dell’Ema su nuova terapia

Virus respiratorio sinciziale: parere positivo dell’Ema su nuova terapia

Si tratta di un anticorpo monoclonale specifico che, se approvato in via definitiva, potrà essere somministrato a tutti i neonati e aiutarli a prevenire la malattia.

Il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha espresso parere positivo su un anticorpo monoclonale specifico per il virus respiratorio sinciziale (Vrs), autentico incubo dei genitori di bambini piccoli, soprattutto sotto l’anno di età. Nei più piccoli, infatti, il virus può causare difficoltà respiratorie che possono portare anche al ricovero in ospedale. Non esiste vaccino né antivirale specifico, ma il nuovo farmaco, se approvato in via definitiva, potrà essere somministrato a tutti i neonati e aiutarli a prevenire la malattia.

“È un anticorpo ad altissima tecnologia, che si somministra una volta sola, dura cinque mesi e agisce subito – spiega Fabio Midulla, presidente della Società italiana malattie respiratorie infantili (Simri) e responsabile pediatrico dell’Umberto I di Roma –. Si tratta di un’importante novità che, secondo gli studi, è efficace nel ridurre sia le ospedalizzazioni per il Vrs sia le visite dal pediatra“.

Stando a quanto pubblicato sulla rivista scientifica The New England Journal of Medicine, infatti, l’anticorpo monoclonale ridurrebbe del 70% le visite dal medico e del 78,4% le ospedalizzazioni nel caso di neonati pretermine, mentre del 74,5% le visite e del 62% le ospedalizzazioni nei late pretermine e nei neonati a termine.

Inoltre, se finora i monoclonali esistenti per prevenire il Vrs si potevano usare solo in alcune categorie di pazienti particolarmente vulnerabili, a rischio di sviluppare forme severe di malattia, come i neonati pretermine, i cardiopatici, i bambini che hanno malattie croniche respiratorie o malattie neuromuscolari, questo nuovo anticorpo potrà invece essere diretto a tutti i neonati.

Il Vrs è un virus stagionale che circola da novembre a marzo. È stato stimato che in un anno si ammalano nel mondo 30 milioni di bambini sotto i cinque anni. Più di 3,5 milioni di loro vengono ricoverati e circa 100mila muoiono, prevalentemente nei Paesi in via di sviluppo.

Redazione Nurse Times

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