by | Ago 31, 2022 | News
Lo dimostra uno studio condotto dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica e presentato al congresso della Società europea di cardiologia.
L’inquinamento fa ammalare e uccide. Non solo danneggiando i polmoni, ma anche il cuore, e senza necessariamente passare per le placche di aterosclerosi. A dimostrarlo sono i cardiologi della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica, campus di Roma, con uno studio appena presentato al congresso della Società europea di cardiologia (ESC), che si è appena concluso a Barcellona, e pubblicato su JACC, rivista ufficiale dei cardiologi americani (American College of Cardiology).
La ricerca, firmata dal dottor Rocco Antonio Montone e dal professor Filippo Crea, dimostra per la prima volta che è a rischio infarto da aria inquinata anche chi ha le coronarie (i vasi che nutrono il muscolo cardiaco) apparentemente sane, cioè senza placche di aterosclerosi. Perché l’inquinamento, soprattutto quello da particolato fine (PM2.5), è in grado di provocare uno spasmo delle coronarie che “taglia” il flusso di sangue al miocardio, determinando un infarto (la morte del muscolo cardiaco) da strozzamento dei vasi.
“Abbiamo studiato il fenomeno su 287 pazienti di entrambi i sessi di età media 62 anni – spiega il dottor Montone, dirigente medico dell’Unità operativa complessa di Terapia intensiva cardiologica della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS –. Il 56% di loro era affetto da ischemia miocardica cronica in presenza di coronarie sane (i cosiddetti INOCA), mentre il 44% aveva addirittura avuto un infarto a coronarie sane (MINOCA). La loro esposizione all’aria inquinata è stata determinata in base all’indirizzo di domicilio. Tutti sono stati sottoposti a coronarografia, nel corso della quale è stato effettuato un test ‘provocativo’ all’acetilcolina. Il test è risultato positivo (cioè l’acetilcolina ha provocato uno spasmo delle coronarie) nel 61% dei pazienti; la positività del test è risultata molto più frequente tra i soggetti esposti all’aria inquinata, in particolare se anche fumatori e dislipidemici”.
Prosegue Montone: “Questo studio dimostra per la prima volta un’associazione tra esposizione di lunga durata all’aria inquinata e comparsa di disturbi vasomotori delle coronarie, suggerendo così un possibile ruolo dell’inquinamento sulla comparsa di infarti a coronarie sane; in particolare, l’inquinamento da particolato fine (PM2.5) nel nostro studio è risultato correlato allo spasmo delle grandi arterie coronariche”.
“Gli spasmi dei vasi del cuore – spiega il dottor Massimiliano Camilli, dottorando di ricerca all’Istituto di Cardiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma – potrebbero essere dovuti al fatto che l’esposizione di lunga durata all’aria inquinata determina uno stato di infiammazione cronica dei vasi, con conseguente disfunzione dell’endotelio (lo strato di rivestimento della parete interna dei vasi)”.
“Alla luce dei risultati di questo lavoro, limitare l’esposizione all’inquinamento ambientale (possibilmente riducendone le emissioni) potrebbe ridurre il rischio residuo di futuri eventi cardiovascolari correlati alla cardiopatia ischemica, sia su base aterosclerotica, che da spasmo delle coronarie – conclude il professor Crea, ordinario di Malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, e direttore dell’Unità operativa complessa di Cardiologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS –. L’uso di purificatori di aria in casa e l’utilizzo delle mascherine facciali quando ci si trova immersi nel traffico delle grandi città potrebbe dunque già essere consigliato ai soggetti a rischio, in attesa di studi che ne valutino il reale impatto sulla riduzione del rischio. E naturalmente ribadiamo il divieto di fumo e la necessità di uno stretto controllo dei fattori di rischio per tutti, ma ancora di più a chi è esposto all’inquinamento, come chi vive in una grande città”.
Nei pazienti con cardiopatia ischemica senza evidenza di ostruzione delle coronarie da placche aterosclerotiche, nel corso della coronarografia può essere effettuato un test provocativo con iniezione di acetilcolina per slatentizzare la tendenza allo spasmo. Questo test è fondamentale per giungere a una diagnosi del meccanismo responsabile dell’infarto e permette dunque di intraprendere una terapia mirata.
Per materiale particolato aerodisperso si intende l’insieme delle particelle atmosferiche solide e liquide sospese in aria ambiente. Il PM2.5 (particolato fine) indica le particelle di diametro aerodinamico inferiore o uguale ai 2,5 μm che derivano da tutti i tipi di combustione (motori di automobili, impianti per la produzione di energia, combustione di legna per il riscaldamento domestico, incendi boschivi e vari processi industriali).
Le particelle di dimensioni comprese tra 2,5-10 μm (tra le quali il PM10) sono dette “grossolane” e derivano soprattutto da processi meccanici (macinazione, erosione, fenomeni di attrito nei trasporti su strada quali usura dei freni, dei pneumatici e abrasione delle strade). Il PM10 può avere anche un’origine naturale (l’erosione delle rocce, le eruzioni vulcaniche, incendi boschivi).
Redazione Nurse Times
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by | Ago 31, 2022 | News
L’annuncio del Santo Padre nel corso del concistoro
La canonizzazione del coadiutore salesiano, oggi Beato, divenuto speranza per tutti gli ammalati di Viedma, in Argentina, avverrà il 9 ottobre. Zatti viene beatificato da San Giovanni Paolo II il 14 aprile 2002.
La storia di Artemide Zatti
Artemide è un infermiere emiliano, emigrato in Argentina, benvoluto e ricercato da tutti gli ammalati del suo ospedale.
Artemide sbarca in Argentina a soli 17 anni, nel 1897. La sua famiglia, come tante altre, è spinta oltreoceano dalla fame, dalla povertà e dalla privazione della speranza. Stabilitisi a Bahia Blanca, prende a frequentare la parrocchia locale retta dai salesiani e qui incontra don Carlo Cavalli, che diventa il suo padre spirituale e la sua fonte d’ispirazione, ma soprattutto diventa colui che gli fa percepire la chiamata del Signore.
Innamorato dell’opera di Don Bosco, Artemide sta per prendere i voti nella casa salesiana di Bernal quando, proprio da un confratello, contrae la tubercolosi e questo fa saltare tutti i suoi piani.
Don Cavalli gli suggerisce, allora, una volta guarito, di dedicarsi agli ammalati. Artemide acconsente e così rinuncia alla sua vocazione sacerdotale partendo per la casa salesiana di Viedma, dove serve aiuto all’ospedale missionario.
La sua vera consacrazione sarà la dedizione alla cura degli ammalati, sotto la sapiente guida di padre Evasio Garrone del quale, alla sua morte nel 1913, prenderà il posto.
Artemide non solo è direttore e responsabile del nosocomio, ma è anche infermiere, si diploma farmacista ma soprattutto è una luce di speranza per tutti i malati che si affidano alle sue mani, spesso più apprezzate di quelle dei medici.
Zatti riesce a portare avanti la struttura che ha tante esigenze, non solo economiche. Egli non si limita a curare i malati, ad accompagnarli alla morte dolcemente quando necessario, ma si occupa di tutti i loro bisogni, specie di quelli dei più piccoli: in ognuno di loro vede il volto di Cristo sofferente.
Molti dei suoi pazienti affermano di aver ritrovato la fede e il cammino verso Dio proprio dopo aver conosciuto Artemide Zatti.
È un giorno qualunque del 1950, quando Artemide cade da una scala.
Da un po’ di tempo ha uno strano mal di schiena dal quale è scaturito un sospetto che verrà presto confermato: ha un tumore.
Ancora una volta la malattia, quell’afflizione umana che aveva rincorso, combattuto e curato negli altri per tutta la vita, lo colpiva di persona, sparigliando ancora una volta le carte. Prima era stata la tubercolosi a impedirgli di diventare sacerdote, ora questo.
Sarà l’ultima volta, Artemide se ne rende subito conto, ma continua a lavorare come se niente fosse, circondato dall’amore della sua comunità e dalla gratitudine di migliaia di persone fino alla fine, sopraggiunta il 15 marzo 1951.
L’amore per Don Bosco nato tra i salesiani Zatti con il suo padre spirituale Tra i pazienti dell’ospedale di ViedmaUn ritratto di Artemide Zatti anzianoArtemide Zatti con la sua famiglia migranteRedazione NurseTimes
Fonte: www.vaticannews.va
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by | Ago 31, 2022 | News
Da Barcellona, dove si è appena concluso il congresso della Società europea di cardiologia, arrivano buone notizie: le glifozine, nate come farmaco antidiabetico, riducono ricoveri e mortalità. Lo dimostra lo studio DELIVER, condotto su oltre 6mila pazienti e pubblicato sul New England Journal of Medicine.
Lo scompenso cardiaco non è più inarrestabile. Sono state infatti definite le linee guida internazionali “capaci di cambiare la storia naturale della malattia”, con le glifozine (o SGLT-2), nate come antidiabetici, che si confermano farmaci rivoluzionari e rappresentano la più recente innovazione terapeutica, in grado di ridurre mortalità e ricoveri in tutti i pazienti, indipendentemente dalla gravità della malattia. Lo rivelano i risultati dell’ampio studio DELIVER, appena presentati a Barcellona, nel corso del congresso della Società europea di cardiologia (Esc), e pubblicati sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine.
“I risultati – commenta Ciro Indolfi, presidente della Società italiana di cardiologia (Sic) – sono stati ottenuti anche in pazienti per i quali a oggi non esistono opzioni terapeutiche per scongiurare l’evoluzione della malattia. Considerati insieme ai dati già emersi in precedenti studi sui pazienti con una funzionalità cardiaca molto compromessa, le evidenze indicano che dapaglifozin è efficace e può diventare un pilastro fondamentale per la terapia in tutti i pazienti con scompenso cardiaco”.
Lo studio DELIVER, il più ampio rispetto alle precedenti ricerche, ha coinvolto 353 centri di 20 Paesi: oltre 6mila pazienti, con età media di 72 anni, allo scopo di capire l’efficacia di dapaglifozin in pazienti con scompenso cardiaco di minor gravità.
“I risultati – continua Indolfi – mostrano che questo inibitore SGLT2 è una svolta nella cura di tutti i pazienti, impedendo la progressione dello scompenso con una riduzione degli eventi avversi del 21%, mentre la probabilità di morte è diminuita del 12%. Il beneficio è dipeso principalmente da una riduzione dei ricoveri e delle visite urgenti ed è emerso in maniera netta e indipendente dalla gravità della riduzione della funzionalità cardiaca, con un’ottima tollerabilità. Ora siamo in attesa che le linee guida, già aggiornate lo scorso anno per l’insufficienza cardiaca, siano ulteriormente modificate per includere l’utilizzo esteso del farmaco dapaglifozin”.
Lo scompenso cardiaco (o insufficienza cardiaca) è l’esito finale di tutte le cardiopatie e si verifica quando il cuore non riesce più a pompare sangue a sufficienza. Causa, perciò, un peggioramento della qualità di vita e della capacità di affrontare le attività quotidiane, oltre a frequenti ricoveri per mancanza di respiro o accumulo di liquidi nell’organismo, fino a una maggiore mortalità. Più di 64 milioni di persone ne soffrono nel mondo.
In Italia l’insufficienza cardiaca colpisce circa il 2% della popolazione generale ed è in aumento soprattutto negli over 65, con una mortalità del 20% nelle sue forme più gravi. Assorbe il 2% della spesa sanitaria nazionale, ma si tratta di costi per il 60% dedicati ai ricoveri, e solo per il 10% alla spesa per i farmaci. A inizio anno l’Italia ha recepito la nuova indicazione terapeutica, già approvata dall’Ema nel 2021. Così oggi dapaglifozin è rimborsabile per la cura dello scompenso in pazienti con e senza diabete di tipo 2, ma finora solo per i pazienti che presentavano una riduzione della contrattilità cardiaca.
“I nuovi dati ne allargano l’indicazione, suggerendo che dapaglifozin possa essere prescritto indipendentemente dalla funzione cardiaca – afferma Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto della Società italiana di cardiologia –. Si tratta perciò di un’ottima notizia per gli oltre un milione di italiani che soffrono di questa grave patologia. Per chi ha una funzionalità cardiaca conservata o poco ridotta, ovvero circa il 40% del totale, finora non c’erano molte opzioni terapeutiche, ma queste nuove evidenze mostrano che dapaglifozin è efficace indipendentemente dalla funzione cardiaca e supportano l’uso degli inibitori SGLT2 come terapia fondamentale in tutti i pazienti con scompenso cardiaco. Questa nuova classe di farmaci agisce con un meccanismo metabolico del tutto nuovo e consentirà di evitare molti ricoveri e decessi. A questo si associa un’ottima tollerabilità e la possibilità di una singola dose al giorno, con scarsi effetti sulla pressione arteriosa e miglioramento della funzione renale”.
Redazione Nurse Times
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by | Ago 31, 2022 | News
Dopo l’astensione generale dal lavoro del 2019, nel Paese del Regno Unito continua la battaglia per l’aumento salariale.
In Irlanda del Nord gli infermieri iscritti ai contratti Agenda for Change, attuale sistema di classificazione e retribuzione per il personale del Sistema sanitario nazionale (esclusi medici, dentisti, apprendisti e alcuni dirigenti), parteciperanno a una votazione nazionale per decidere se scioperare in favore di una retribuzione più equa. A tal proposito il sindacato RCN (Royal College of Nursing) ha annunciato che “la battaglia per una retribuzione equa continua”.
Già nel 2019 gli infermieri nordirlandesi avevano organizzato un’astensione dal lavoro a livello nazionale (foto). Fiona Devlin, direttrice dell’RCN Northern Ireland, ha affermato: “La battaglia per un’equa retribuzione è continuata nonostante anni di lavoro sottopagato e carenze di personale. È davvero incredibile che tre anni dopo aver avviato un’azione sindacale per la prima volta nella storia dell’RCN stiamo chiedendo ai nostri membri di intraprendere nuovamente uno sciopero”.
Iniziative analoghe sono state assunte anche nel resto del Regno Unito. E mentre in Scozia gli infermieri hanno già rifiutato un’offerta salariale, ritenendola inadeguata, i colleghi di Inghilterra e Galles hanno sì ricevuto un premio salariale, ma inferiore all’inflazione. Nessuna offerta, invece, è stata ricevuta dagli infermieri nordirlandesi, il cui futuro, sul piano dei riconoscimenti salariali è ancora nebuloso.
“Siamo ben consapevoli che il premio salariale per i nostri colleghi inglesi e gallesi non serve a far fronte all’aumento del costo della vita e non ci aiuterà a reclutare più personale infermieristico”, ha dichiarato ancora l’RCN.
Redazione Nurse Times
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by | Ago 31, 2022 | News
L’associazione di categoria, voce di centinaia di strutture sociosanitarie senza scopo di lucro, manifesta tre preoccupazioni: i costi dell’energia, le norme fiscali penalizzanti e il blocco delle quote regionali. “Se non si interviene subito, le Rsa non profit continueranno ad affondare”, sottolinea.
“Se avete a cuore gli anziani più fragili dei vostri paesi e delle vostre città, ora è il momento di dimostrarlo”. L’appello è rivolto al Governo, al Parlamento, ai candidati alle elezioni del 25 settembre e alle Regioni da Uneba, associazione di categoria e voce di centinaia di Rsa e altre strutture sociosanitarie senza scopo di lucro.
Uneba pensa ai 285mila anziani che vivono in Rsa, perché solo qui trovano l’assistenza di cui la loro grande fragilità ha bisogno, ricordando che il 52% dei posti letto per Rsa in Italia è gestito da enti non profit. Nel sottolineare come 30 mesi di pandemia abbiano ferito le Rsa, l’associazione manifesta tre preoccupazioni: i costi dell’energia, le norme fiscali penalizzanti e il blocco delle quote regionali. Aggiungendo che, senza un intervento rapido e concreto di Parlamento, Governo e Regioni, centinaia di onlus sono destinate ad affondare. E gli anziani, a quel punto?
Franco Massi
ENERGIA – “La prima preoccupazione – afferma Franco Massi, presidente nazionale Uneba – è il disastroso aumento dei costi dell’energia. Chiedere un sacrificio alle famiglie con un aumento delle rette, sarà purtroppo inevitabile, ma è indispensabile un urgente sostegno pubblico. Auspichiamo un segnale già negli emendamenti al Decreto Ristori nei prossimi giorni. Perché nei nostri centri, nelle nostre Rsa non possiamo abbassare il riscaldamento negli ambienti in cui vivono gli anziani, né, per fare un esempio, rinunciare ai letti elettrici, che permettono anche ai più fragili di alzarsi. La spesa per l’energia è una spesa per la loro salute. Volete tagliare sulla salute degli anziani?”.
AUMENTO DELLE TASSE – “Dopo la pandemia e l’aumento del costo dell’energia – aggiunge Massi-, i servizi non profit per i più fragili rischiano una terza botta. Arriva dalla riforma del terzo settore. Le recenti modifiche al Codice del terzo settore, volute dal ministero del Lavoro, portano a un aumento di Ires, Imu e Irap per fondazioni e associazioni. E andiamo verso la scomparsa delle Onlus. Ci rivolgiamo allora alle forze politiche: perché volete mettere in ulteriore difficoltà enti che senza scopo di lucro e da decenni, se non da secoli, si dedicano con professionalità ai più fragili?”.
QUOTE REGIONALI – “A stress da pandemia, aumento dei costi dell’energia e aumento delle tasse si somma il mancato adeguamento delle quote sanitarie. In molte parti d’Italia il contributo che le Regioni danno alle Rsa per l’accoglienza degli anziani è fermo da molti anni. E siccome tutti gli altri costi aumentano ogni anno, è come se il sostegno diminuisse ogni anno. Quali Regioni avranno il senso di responsabilità di dare un sostegno all’assistenza agli anziani?”.
Concludendo, se Parlamento, Governo e Regioni non dimostreranno di avere davvero a cuore gli anziani più fragili subito, le Rsa non profit continueranno ad affondare. Dopo le perdite di 2020 e 2021 per la pandemia, nel 2022, con il rincaro dell’energia, le perdite saranno da 10 a 20 euro al giorno per ogni posto letto in Rsa e nelle strutture residenziali per disabili. Si rischiano pesanti aumenti delle rette a carico delle famiglie. E secondo Uneba, proseguire così sarebbe impossibile.
Redazione Nurse Times
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