Cardiopatie congenite, ecco la bioprotesi autoespandibile che si adatta meglio a bambini e ragazzi

Cardiopatie congenite, ecco la bioprotesi autoespandibile che si adatta meglio a bambini e ragazzi

L’innovativo sistema è stato utilizzato, per la prima volta in Europa, al Bambino Gesù di Roma. Ne hanno beneficiato due pazienti di 15 e 19 anni.

Una bioprotesi di valvola polmonare autoespandibile in grado di adattarsi più efficacemente all’anatomia di bambini e ragazzi con cardiopatie congenite. E’ il sistema innovativo offerto dalla tecnologia nel settore delle procedure trans-catetere, quelle che permettono di evitare un intervento chirurgico a cuore aperto.

La nuova protesi, che ha ricevuto l’autorizzazione CE nel maggio di quest’anno, è già una realtà nell’Unità di Cardiologia interventistica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, diretta dal dottor Gianfranco Butera, che l’ha utilizzata con successo per due ragazzi di 15 e 19 anni.

La valvola polmonare è una delle quattro valvole cardiache. Posta tra il ventricolo destro e l’arteria polmonare, ha il compito di assicurare che il sangue proceda in modo regolare, senza reflussi, nel suo percorso verso i polmoni per ricaricarsi d’ossigeno. Alcune patologie ne compromettono il funzionamento.

È il caso della tetralogia di Fallot, che rappresenta una delle cardiopatie congenite gravi più frequenti. Il ventricolo destro, a causa del malfunzionamento, è sottoposto a un lavoro eccessivo e può scompensarsi con gravissime conseguenze. È quindi spesso necessario impiantare una protesi valvolare polmonare per sostituire la valvola danneggiata. La procedura avviene nella sala di emodinamica in modo mininvasivo, senza la necessità di un intervento a cuore aperto, mediante l’inserimento di una cannula in un’arteria, all’interno della quale viene fatto scorrere un catetere (tubicino flessibile) di dimensioni minime che viene posizionato dove c’è il problema da risolvere.

Le protesi di valvole polmonari trans-catetere sono entrate nella pratica clinica dal 2007. Sono costituite di materiale biologico (ricavate da analoga valvola suina o bovina, trattata e fissata su un anello metallico coperto di fibra sintetica) e si basano tutte su di una tecnologia balloon expandable. La valvola è cucita all’interno di un supporto metallico (stent) che viene impiantato mediante un pallone introdotto attraverso il catetere.

Il pallone viene gonfiato e allarga lo stent, sistemando la protesi nella posizione voluta. Le dimensioni del pallone (da circa 16 a 29 millimetri) costituiscono però un limite all’utilizzo del sistema. Nella maggior parte dei pazienti, infatti, lo spazio in cui inserire la protesi valvolare è più ampio, come conseguenza della malattia, degli interventi già subiti o per altri eventi della storia clinica. È questo il motivo per cui con la tecnologia balloon expandable è possibile trattare solo circa il 20% dei pazienti che hanno necessità di sostituire una valvola polmonare.

La nuova tecnologia si basa sul sistema self-expandable valve. Lo stent è autoespandibile ed è in grado di raggiungere diametri maggiori (fino a circa 36 millimetri), aumentando di molto il numero dei pazienti candidabili al trattamento.

Ogni anno al Bambino Gesù si interviene su circa 30 bambini e ragazzi: un numero che potrà essere più che raddoppiato con la nuova tecnica, evitando un intervento cardiochirurgico a cuore aperto. Molti dei pazienti sono stati sottoposti in precedenza ad atti chirurgici, per cui la possibilità di accedere a un intervento mini-invasivo è un innegabile vantaggio. Al momento attuale non esistono altri sistemi simili utilizzabili nella pratica clinica.

Il Bambino Gesù è il primo ospedale europeo a utilizzare questa tecnologia dopo l’approvazione clinica. È stato inoltre individuato come punto di riferimento per l’Italia e per l’Europa e avrà il compito di promuoverne l’uso negli altri centri, curando anche la formazione degli operatori. I primi due pazienti trattati, di 15 e 19 anni, presentavano una storia clinica pregressa di molteplici interventi a causa della cardiopatia. Un ulteriore intervento cardiochirurgico avrebbe rappresentato un rischio molto significativo. In entrambi i casi erano anche presenti fattori di rischio aggiuntivi come scoliosi, pregresso ictus, compromissione della capacità funzionale.

Per la selezione dei pazienti è fondamentale la collaborazione tra l’Unità di Cardiologia interventistica e l’Unità di Radiologia toracica e cardiovascolare avanzata diretta dal dottor Aurelio Secinaro. Oltre alla risonanza magnetica (RM) e alla tomografia computerizzata (TC), che consentono di ottenere in maniera meno invasiva informazioni dettagliate sull’anatomia e sulla funzione del sistema cardio-vascolare, è rilevante il ruolo della tecnologia 3D.

La ricostruzione dell’immagine a livello tridimensionale permette di evidenziare i punti della parete del cuore e dell’arteria polmonare sui quali la valvola andrà a poggiare e consente un’accurata valutazione dei pazienti che possono ricevere il trattamento. La simulazione al computer dell’intervento, inoltre, grazie a un algoritmo che elabora i dati dello specifico ragazzo, permette di anticipare gli eventuali problemi che possono verificarsi e di pianificare al meglio la procedura.

Ai due ragazzi ai quali è stata impiantata la protesi valvolare polmonare è stato possibile evitare anche la degenza in terapia intensiva. Inoltre, mentre nel caso di intervento tradizionale la degenza media è pari a circa due settimane, in questi casi i pazienti sono stati dimessi dopo soli tre giorni dall’intervento. Oggi stanno bene e hanno superato positivamente le prime fasi di monitoraggio e controllo.

Al Bambino Gesù ci sono già altri ragazzi pronti per la prossima sessione di interventi. “È possibile prevedere – afferma il dottor Butera – che in Italia almeno un centinaio di pazienti all’anno potranno beneficiare di questa tecnologia con notevole riduzione dell’impatto anche sul Servizio sanitario nazionale ma, soprattutto, con una notevole riduzione del dolore fisico e psicologico e dei rischi per i nostri ragazzi e grande soddisfazione per le famiglie”.

La prospettiva, prosegue Butera, è certamente quella di “ampliare notevolmente il numero dei pazienti che può beneficiare di un approccio mini invasivo”. Inoltre “l’applicazione delle tecniche di imaging, visualizzazione 3D, simulazione computazionale permetteranno di comprendere ancora meglio i margini di applicazione e di ampliare le situazioni in cui poter procedere”.

Redazione Nurse Times

Cardiopatie congenite, ecco la bioprotesi autoespandibile che si adatta meglio a bambini e ragazzi
Silvio Garattini per una modernizzazione del ruolo di infermiere
Infermieri pediatrici, Caip Torino chiede chiarimenti sul protocollo d’intesa Fnopi-Sipinf
Vulvodinia: sintomi, cause, diagnosi e terapia
Arrivo il bonus da 200 euro per gli infermieri in partita IVA: ecco come ottenerlo 
L’articolo Cardiopatie congenite, ecco la bioprotesi autoespandibile che si adatta meglio a bambini e ragazzi scritto da Redazione Nurse Times è online su Nurse Times.

Silvio Garattini per una modernizzazione del ruolo di infermiere

Silvio Garattini per una modernizzazione del ruolo di infermiere

Rilanciamo e ci associamo al ringraziamento espresso con la seguente nota da Opi La Spezia nei confronti del presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano.

Silvio Garattini (foto) è un convinto sostenitore della nostra professione, e in un articolo pubblicato su Oggi rilancia concetti e contenuti che aveva già fermamente ricordato, in presenza e dal palco, al primo congresso nazionale Fnopi nel 2018.

Garattini è un’autorità riconosciuta, per il suo percorso e la per sua competenza. Le sue valutazioni e proposte sono il frutto di una visione moderna del ruolo degli infermieri. Non propone questi concetti per “aiutarci”, ma poiché capisce gli attuali problemi del Ssn e, proponendo moderni ruoli (e i relativi, giusti riconoscimenti), sa che sarebbe più semplice per i cittadini ricevere cure e assistenza.

Ancora oggi, mentre Silvio Garattini immagina un infermiere prescrittore (secondo regole precise, ovvio), un ”modello” di… presa in carico organizzativa (è un eufemismo) vede gli infermieri delle cure domiciliari valutare la necessità di un tripode o di una sedia a rotelle per i loro assistiti. E chiaramente in 96 aziende sanitarie su 100 (o forse in tutte…) sarà un medico a prescrivere il presidio, senza avere mai visto il malato, e da un ufficio distante dal caso.

Rivedere ruoli, competenze, attività porterebbe certamente a una migliore assistenza, e forse (anzi, senza dubbio) perfino a risparmi concreti. Eppure, dovrebbero essere ”aziende”… Grazie, professor Garattini, per la sua continua testimonianza pro-infermieri.

Redazione Nurse Times

Cardiopatie congenite, ecco la bioprotesi autoespandibile che si adatta meglio a bambini e ragazzi
Silvio Garattini per una modernizzazione del ruolo di infermiere
Infermieri pediatrici, Caip Torino chiede chiarimenti sul protocollo d’intesa Fnopi-Sipinf
Vulvodinia: sintomi, cause, diagnosi e terapia
Arrivo il bonus da 200 euro per gli infermieri in partita IVA: ecco come ottenerlo 
L’articolo Silvio Garattini per una modernizzazione del ruolo di infermiere scritto da Redazione Nurse Times è online su Nurse Times.

Infermieri pediatrici, Caip Torino chiede chiarimenti sul protocollo d’intesa Fnopi-Sipinf

Infermieri pediatrici, Caip Torino chiede chiarimenti sul protocollo d’intesa Fnopi-Sipinf

Di seguito la lettera sottoscritta da Graziella Costamagna e Carmine Creazzo, rispettivamente presidente e vicepresidente della Commissione di Albo degli infermieri pediatrici torinese, nonché da Patrizia Corsa, Guglielmo Marciano, Liliana Vagliano (commissari Caip), e indirizzata a Barbara Mangiacavalli, presidente nazionale Fnopi, a Laura Barbotto, presidente nazionale Caip, e a tutti i presidenti provinciali Caip.

Apprendiamo dai media e dal sito istituzionale Fnopi della sottoscrizione del protocollo d’intesa tra la Fnopi e la società scientifica Sipinf (Società italiana di pediatria infermieristica, ndr). Riportiamo di seguito integralmente le Sue parole, Presidente : “L’infermieristica pediatrica si sta configurando sempre di più come una vera e propria specializzazione della laurea in Infermieristica, e come tale avrebbe senso che fosse portata avanti a livello ministeriale e universitario per qualificare ancora di più chi la rappresenta”.

A tal proposito vorremmo rammentare una frase pronunciata nel lontano XIX secolo: “I bambini malati richiedono un’assistenza infermieristica distinta e le infermiere pediatriche richiedono una formazione distinta (Wood C.I. The training nurse for sick children. The nursing record 1888)”.

Ci chiediamo come mai un tema così importante non sia stato condiviso in via preliminare dalla Caip nazionale con le Caip provinciali. E come mai sia stata sentita solo una delle associazioni scientifiche o del terzo settore che rappresentano oggi in Italia l’infermieristica pediatrica. La discussione sarebbe stata sicuramente più ricca e avrebbe contribuito a mettere in luce cosa gli infermieri pediatrici oggi si aspettano dalla “famiglia” professionale che li rappresenta.

Con l’onestà intellettuale che ci contraddistingue e per il ruolo tecnico ordinistico che ricopriamo come componenti Caip, siamo a chiedere un chiarimento e un approfondimento in merito a quanto commentato da Lei pubblicamente. L’infermieristica pediatrica NON è una specializzazione né dell’infermieristica né di nessun’altra professione sanitaria attualmente riconosciuta dalla legislazione italiana (ostetricia, fisioterapia, tecnico di radiologia sanitaria, ortottista, etc.).

Sembra superfluo ricordare che le funzioni dell’infermiere pediatrico sono individuate dal relativo profilo professionale di cui al Decreto ministeriale n. 70 del 1997. L’infermiere pediatrico è il professionista sanitario che, in possesso del titolo abilitante e dell’iscrizione all’Ordine delle professioni infermieristiche, è responsabile dell’assistenza infermieristica pediatrica. Gestisce e attua interventi di tipo preventivo, curativo, palliativo e riabilitativo nei confronti di neonati, bambini e adolescenti fino al diciottesimo anno di età, nonché nei confronti della famiglia e della comunità relativamente a interventi di educazione sanitaria e promozione della salute. La specificità della figura professionale è data dalle conoscenze e dalle competenze che il professionista acquisisce durante la formazione universitaria triennale, che applica in relazione alle diverse patologie sia pediatriche sia dell’età evolutiva.

Gli ambiti occupazionali nei quali l’infermiere pediatrico esercita in regime di dipendenza e/o libera professione sono:

OspedaleTerritorioDomicilioComunità infantiliScuoleNei citati contesti operativi sarebbe opportuno:

Sensibilizzare le Regioni ad attuare procedure di assunzione del profilo di infermiere pediatrico al fine di garantire un livello di competenza adeguato al “Codice del diritto del minore alla salute e ai servizi sanitari”, prestando particolare attenzione ai contesti neonatologici, anche alla luce di quanto previsto dal Percorso Nascita del ministero della Salute, come da Lei già formalmente fatto qualche anno fa.Sviluppare l’infermieristica pediatrica di comunità/scolastica per la gestione dei percorsi dei pazienti affetti da disabilità e malattie croniche, come previsto dal Piano nazionale Cronicità, utilizzando i fondi del Pnrr, le cure palliative in ambito neonatologico e pediatrico e l’infermieristica pediatrica di famiglia e comunità nei percorsi di cure primarie e nella prevenzione.Promuovere specializzazioni ulteriori della professione di infermiere pediatrico in ambito formativo. Il protocollo parla di una necessaria e ulteriore formazione specifica per infermieri ed infermieri pediatrici accomunando 2 professioni che hanno conoscenze e competenze differenC per specificità legate all’età dell’utente.Sensibilizzare lo sviluppo delle transitional care, considerato che molte Regioni non hanno completato l’implementazione delle rete di transizione per garantire la continuità assistenziale dai contesti pediatrici ai contesti per adulti, determinando così criticità nell’assistenza ai neonati e bambini affetti da malattie croniche e/o rare, esponendo i colleghi all’abuso professionale penalmente perseguibile quando assistono in continuità assistenziale i pazienti over 18 (a tal proposito è d’obbligo ricordare che sia in Senato che alla Camera sono depositate due proposte di modifica del DM 70/97 per consentire l’esercizio professionale in continuità assistenziale), come da Lei esplicitato nello stesso comunicato.Non comprendiamo, altresì, in un momento di significativa carenza di professionisti infermieri e disaffezione alla professione stessa, il perché al tavolo nazionale politico, in tema di fabbisogno, la Fnopi abbia richiesto meno infermieri pediatrici (252) di quanti ne abbiano chiesti le Regioni e il ministero della Salute (268), vista la cronica mancanza della figura professionale specifica nelle aree neonatologiche e pediatriche.

Attendiamo con fiducia delucidazioni in merito alle ultime scelte del Comitato centrale Fnopi con il supporto della Caip nazionale e chiediamo al contempo ai nostri colleghi delle Caip provinciali di esprimere il Loro parere in merito alle riflessioni da Noi presentate.

Redazione Nurse Times

Cardiopatie congenite, ecco la bioprotesi autoespandibile che si adatta meglio a bambini e ragazzi
Silvio Garattini per una modernizzazione del ruolo di infermiere
Infermieri pediatrici, Caip Torino chiede chiarimenti sul protocollo d’intesa Fnopi-Sipinf
Vulvodinia: sintomi, cause, diagnosi e terapia
Arrivo il bonus da 200 euro per gli infermieri in partita IVA: ecco come ottenerlo 
L’articolo Infermieri pediatrici, Caip Torino chiede chiarimenti sul protocollo d’intesa Fnopi-Sipinf scritto da Redazione Nurse Times è online su Nurse Times.

Vulvodinia: sintomi, cause, diagnosi e terapia

Vulvodinia: sintomi, cause, diagnosi e terapia

La vulvodinia è un disturbo descritto come bruciore e/o dolore persistente all’ingresso della vagina e nella zona che la circonda, la vulva, senza che sia presente alcun segno o lesione visibile che lo giustifichi.

Può colpire donne di tutte le età, dall’adolescenza alla menopausa e, talvolta, può divenire un disturbo permanente con cui occorre faticosamente imparare a convivere. Consultare un ginecologo può aiutare a escludere altre cause responsabili del dolore e a ricevere consigli su come alleviarlo.

Sintomi

Il disturbo (sintomo) principale della vulvodinia è un dolore persistente, di solito limitato alla zona vulvare, senza alcuna lesione visibile. In alcuni casi il dolore, anche sotto forma di fitte o scosse, può estendersi anche ai glutei, all’ano e all’interno delle cosce.  Può essere continuo, pungente o provocare una sensazione di bruciore, talvolta molto intenso. Può essere spontaneo o provocato da un contatto, come avviene durante un rapporto sessuale o con l’inserimento di un tampone o di un ovulo vaginale. Talvolta anche sedersi o accavallare le gambe può scatenare o peggiorare la percezione del dolore.

La vulvodinia è spesso associata ad un altro disturbo chiamato vaginismo che è responsabile di dolore e difficoltà alla penetrazione della vagina a causa della involontaria contrazione dei muscoli che la circondano. Altre condizioni che possono associarsi alla vulvodinia sono la cistite interstiziale (una condizione dolorosa della vescica), i dolori mestruali e la sindrome del colon irritabile.

Convivere con un dolore cronico è sempre molto difficile, nello specifico la vulvodinia può condizionare le relazioni e ridurre il desiderio sessuale. Fra le complicazioni ad essa dovute ci sono ansia, depressione e peggioramento della qualità della vita. 

Cause

L’origine della vulvodinia non è stata ancora chiarita, si ritiene possa avere diverse cause, talvolta associate tra loro. L’inizio dei disturbi segue spesso ripetute infezioni da parte di un fungo, la candida albicans, o traumi fisici come un’episiotomia (incisione chirurgica della vulva) in occasione del parto o una biopsia vulvo-vaginale. Talvolta le donne riferiscono l’insorgenza del dolore a seguito di rapporti sessuali non desiderati e dolorosi o dopo un trauma psicologico. Possono essere coinvolti nell’insorgenza del disturbo anche aspetti legati alla cura di sé, come l’uso di biancheria intima sintetica o di indumenti troppo stretti, l’impiego di detergenti intimi o di prodotti a uso locale contenenti sostanze chimiche e le attività sportive che possono creare microtraumi, come lo spinning o l’equitazione.

La durata del dolore nel tempo (cronicizzazione) e/o il bruciore sembra riconducibile ai seguenti fenomeni:

stimolazione eccessiva di alcune cellule del sistema immunitario, chiamate mastociti, responsabili di una risposta immunitaria atipica che causa irritazione localestimolazione indiretta dello sviluppo di terminazioni nervose, che controllano la percezione del doloreIl dolore vulvare, a sua volta, può facilitare una contrazione muscolare sia a livello del pavimento pelvico, sia a livello della muscolatura vaginale creando un circolo vizioso che alimenta i disturbi. Tutti questi fenomeni, che interessano congiuntamente il sistema immunitario, muscolare, vascolare e nervoso, sembrano essere responsabili dell’aumento e del prolungamento della percezione dolorosa, anche a seguito di stimoli modesti.

Diagnosi

La vulvodinia è una condizione complessa difficile da accertare (diagnosticare). Una parte importante del percorso di cura consiste nel parlare con la persona che ne soffre spiegandole le possibili cause e le caratteristiche del suo disturbo in modo da renderla consapevole delle diverse possibilità di cura che possono aiutarla a ridurre la frequenza e l’intensità delle sensazioni dolorose. Il medico di riferimento per la vulvodinia è il ginecologo.

Per accertare la vulvodinia il medico si informa sui problemi di salute presenti e passati della persona, effettua la visita specialistica e, se lo ritiene necessario, esegue un tampone vaginale per escludere possibili infezioni causate dal fungo candida albicans o da altri microorganismi.

È possibile confermare la presenza di vulvodinia solo dopo aver escluso altre possibili cause del dolore quali, ad esempio, un’infiammazione o un’infezione vulvo vaginale che, al contrario della vulvodinia, causano segni e lesioni visibili.

In questi casi, infatti, il dolore vulvare si presenta in associazione a gonfiore e arrossamento dei tessuti o a perdite vaginali che oltre alle infezioni possono essere causate anche da ipersensibilità a qualche crema o detergente (dermatite da contatto). Nella menopausa il dolore può essere dovuto alla secchezza delle mucose vulvo-vaginali provocata dalla riduzione del livello di estrogeni. Più raramente, il dolore può essere dovuto a infezioni ripetute da herpes genitalis, alla malattia di Behçet (una condizione dei vasi sanguigni che può causare ulcere genitali), alla sindrome di Sjögren (una malattia del sistema immunitario che può causare secchezza vaginale), alla fibromialgia (una malattia del sistema immunitario che causa dolori muscolari, nervosi e tendinei).

Prima di curare la vulvodinia, pertanto, è sempre opportuno accertare la natura del dolore perché è possibile che sia causata da una combinazione di più fattori. 

Terapia

È importante cercare un aiuto medico esperto per escludere altre cause responsabili del dolore e ricevere un consiglio sui migliori accorgimenti da adottare perché è improbabile che la vulvodinia guarisca spontaneamente.

Alcuni trattamenti combinati con piccoli accorgimenti possono alleviare i disturbi della vulvodinia e ridurre il suo impatto sulla vita delle donne che ne soffrono.

Cura di sé

Alcuni aspetti legati alla cura di sé, spesso ritenuti marginali, possono aiutare a ridurre al minimo gli stimoli irritativi e prevenire, o controllare, il dolore vulvare cronico. Includono:

indossare biancheria intima di cotone bianco ed evitare indumenti troppo aderenti  non indossare biancheria intima di notteevitare prodotti profumati per l’igiene intima, scegliere detergenti delicati ed emollientiutilizzare solo assorbenti igienici esterni, preferibilmente di cotoneusare i lubrificanti suggeriti dal medico per agevolare i rapporti sessualievitare le attività fisiche che causano sfregamento della vulva, ad esempio equitazione, cyclette o spinningapplicare della vaselina come protezione dal cloro, prima di nuotare in piscinaessere consapevoli che anche lo stress può causare o peggiorare la vulvodiniautilizzare un cuscino a forma di ciambella, nel caso la vulvodinia si associ a dolore quando si è sedutiFarmaci

Le terapie farmacologiche più utilizzate sono gli antidepressivi ciclici e gli anticonvulsivanti. A piccole dosi, possono interrompere i circuiti del dolore cronico e la maggiore sensibilità delle terminazioni nervose. Qualora il medico ritenesse opportuno prescrivere tali farmaci informerà la donna dei possibili effetti indesiderati (effetti collaterali) e concorderà con lei le modalità di assunzione.

Si possono applicare anestetici locali, come la lidocaina sotto forma di gel o crema, direttamente sulla vulva per alleviare temporaneamente il dolore, soprattutto prima dei rapporti sessuali. È importante ricordare che la lidocaina può danneggiare il lattice dei profilattici per cui nel caso si ricorra a creme o gel a base di lidocaina occorre sempre utilizzare preservativi privi di lattice. I lubrificanti vaginali e l’idrogel sono prodotti da banco che possono essere consigliati dal medico per lenire l’area e aiutare a idratare la vulva in caso di secchezza.

Fisioterapia

La fisioterapia può essere di aiuto specialmente in caso di dolore dovuto alla contrazione della muscolatura pelvica. In questi casi il fisioterapista può ricorrere alla tecnica del biofeedback elettromiografico che permette alla donna di imparare un metodo di auto-rilassamento per controllare le contrazioni dei muscoli e, di conseguenza, il dolore. Le donne possono imparare a praticare in autonomia esercizi di auto massaggio, sia interno che esterno esercitando pressione sui punti dolorosi, o ricorrere all’uso di dilatatori vaginali di diametro e lunghezza progressivi per desensibilizzare e rilassare i muscoli della vagina alleviando i disturbi della vulvodinia e del vaginismo.

Talvolta i fisioterapisti propongono anche l’utilizzo della TENS (stimolazione nervosa elettrica transcutanea), che prevede l’erogazione di impulsi elettrici a bassa frequenza con l’obiettivo di inibire le terminazioni nervose coinvolte nella percezione del dolore. Le terapie fisiche, se eseguite con regolarità, possono dare sollievo nella quasi totalità dei casi.

Psicoterapia e consulenza

La psicoterapia cognitivo comportamentale (TCC), che ha lo scopo di aiutare a gestire i problemi personali cercando di modificare il proprio modo di pensare e agire, può aiutare le donne ad affrontare l’impatto che la vulvodinia ha sulla loro vita. La consulenza psicosessuale è utile quando il dolore condiziona l’intimità all’interno della relazione, perché ha lo scopo di affrontare problemi come la paura e l’ansia nel sesso e di ristabilire una relazione fisica con il proprio partner.

Redazione NurseTimes

Fonte: ISS

Vulvodinia: sintomi, cause, diagnosi e terapia
Arrivo il bonus da 200 euro per gli infermieri in partita IVA: ecco come ottenerlo 
Aria inquinata soffoca vasi del cuore e può provocare infarto anche a chi ha coronarie sane
Artemide Zatti, l’infermiere degli ultimi diventerà Santo 
Scompenso cardiaco: svolta per la cura grazie a farmaco anti-diabete
L’articolo Vulvodinia: sintomi, cause, diagnosi e terapia scritto da Redazione Nurse Times è online su Nurse Times.

Arrivo il bonus da 200 euro per gli infermieri  in partita IVA: ecco come ottenerlo 

Arrivo il bonus da 200 euro per gli infermieri in partita IVA: ecco come ottenerlo 

Anche le partite Iva avranno accesso al bonus 200 euro previsto dal governo Draghi

L’erogazione del sostegno – approvato mesi fa per contrastare il boom di inflazione e il caro energia – sta per diventare realtà anche per i tre milioni di autonomi, partite Iva e professionisti. L’indennità era prevista fin dall’inizio – con un fondo da 500 milioni, poi portati a 600 con il decreto Aiuti bis – ma ci sono voluti mesi per il via libera al decreto attuativo.

Per le partite Iva mancavano le regole di accesso, ma con il decreto attuativo firmato dai ministri del Lavoro e dell’Economia, c’è il via libera. Gli interessati sono circa tre milioni: 973mila commercianti, 859mila artigiani, 477mila iscritti alle casse professionali, 430mila coltivatori diretti, mezzadri e coloni e 261mila professionisti esclusivi.

La misura attesa, che considera opportunamente e doverosamente anche gli oltre 30mila infermieri liberi professionisti “puri”, da un aiuto concreto e pari dignità a chi ha fatto una scelta professionale diversa e impegnativa.

Gli infermieri dovranno presentare la domanda alla Cassa di Previdenza ENPAPI, secondo le condizioni previste dall’articolo 2 del Decreto, tenendo presente il limite del reddito complessivo 2021 non superiore a 35.000 euro.

L’indennità una tantum è pari a 200 euro e non costituisce reddito ai fini fiscali, né ai fini della corresponsione di prestazioni previdenziali ed assistenziali.

Redazione Nurse Times

Allegato

Decreto-bonus-200Download

Vulvodinia: sintomi, cause, diagnosi e terapia
Arrivo il bonus da 200 euro per gli infermieri in partita IVA: ecco come ottenerlo 
Aria inquinata soffoca vasi del cuore e può provocare infarto anche a chi ha coronarie sane
Artemide Zatti, l’infermiere degli ultimi diventerà Santo 
Scompenso cardiaco: svolta per la cura grazie a farmaco anti-diabete
L’articolo Arrivo il bonus da 200 euro per gli infermieri in partita IVA: ecco come ottenerlo  scritto da Redazione Nurse Times è online su Nurse Times.