by Antonio | Giu 30, 2021 | News
Quasi la metà dei casi di pazienti uccisi dalla mutazione indiana avevano ricevuto entrambe le dose di un siero anti-Covid, ma si tratta di persone con patologie pregresse.
La variante Delta sta seminando il panico e facendo rialzare le curve dei contagi da coronavirus in Gran Bretagna, anche se per fortuna i ricoveri salgono più lentamente, stando alle ultime statistiche di Public Health England, che al 25 giugno segnano 514 ospedalizzazioni, con 304 pazienti che non erano vaccinati. Preoccupa invece il dato per cui, su 117 casi di pazienti uccisi dalla variante indiana nel Regno Unito, circa un terzo (44) non erano immunizzati, ma poco meno della metà (50 casi) avevano ricevuto entrambe le dose di un vaccino anti-Covid.
Il virologo Guido Silvestri in un post su Facebook ha però ricordato che di questi la maggior parte aveva “severe patologie pregresse”. Nessun dubbio sull’efficacia dei vaccini, dunque. Semmai, questo è proprio ciò che “dovremmo aspettarci da vaccini efficaci, ma ancora imperfetti la cui efficacia varia a seconda dell’età”, come sostengono in un un articolo pubblicato sul Guardian gli scienziati David Spiegelhalter, presidente del Winton Centre for Risk and Evidence Communication di Cambridge, e Anthony Masters, ambasciatore della Royal Statistical Society.
Solo lunedì il Regno Unito ha registrato 22,868 nuovi contagi e tre decessi, per il 95% causati dalla variante Delta, divenuta la dominante dopo quella Alpha (inglese), identificata a settembre 2020, che ha provocato 274.410 contagi, e quella Beta (sudafricana), sequenziata per la prima volta nel Regno Unito a dicembre 2020 e responsabile di 1.053 casi.
La variante Delta ha contagiato un totale di 111.157 britannici. Al 21 giugno scorso, sui 92.029 casi ricoveri in terapia intensiva a causa di tale mutazione (di cui solo 9571 tra pazienti sotto i 50 anni), oltre la metà dei pazienti (53.822) non erano stati vaccinati (52.846 casi sopra i 50anni), mentre 13,715 persone sono finite in ospedale 21 giorni dopo la prima dose e 7.235 avevano ricevuto anche il richiamo.
Per quanto riguarda i contagi, i vaccini hanno il 10% in meno di efficacia contro la variante Delta rispetto ad Alpha (79% contro l’89%). Le due iniezioni di vaccino offrono però percentuali di efficacia superiore contro le ospedalizzazioni, con una protezione del 93% nel caso di Alpha e del 96% contro la variante Delta. Le statistiche di PHE e la MRC Biostatistics Unit dell’Università di Cambridge calcolano anche che il programma vaccinale contro il coronavirus sia stato in grado di prevenire 7,2 milioni di infezioni e 27mila morti solo in Inghilterra.
Redazione Nurse Times
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by Antonio | Giu 30, 2021 | News
In Italia questa abitudine non è molto diffusa. A ogni modo tutte le Regioni hanno previsto la possibilità di riprogrammare il richiamo.
In molti Paesi del mondo sono iniziate nuove campagne di sensibilizzazione per convincere le persone a completare il ciclo vaccinale anti-Covid, dopo che era emersa una preoccupante tendenza a non presentarsi agli appuntamenti fissati per ricevere la seconda dose, la cui importanza per proteggere dalle infezioni dovute alla variante Delta è ribadita in queste settimane da scienziati e autorità sanitarie.
In Italia l’avvicinarsi delle settimane in cui milioni di persone viaggeranno per le ferie estive, assieme alle rinnovate discussioni sui remoti rischi di effetti collaterali dei vaccini, hanno dato rilevanza alla domanda su quanto sia diffusa la scelta di non presentarsi all’appuntamento della seconda dose del vaccino e su cosa succeda in questi casi, sia dal punto di vista delle aziende sanitarie sia dal punto di vista del cittadino.
I dati diffusi in Italia, in realtà, non consentono di capire quante persone finora non si siano presentate all’appuntamento per la seconda dose. Secondo alcuni coordinatori delle campagne vaccinali sentiti dal Post, al momento le percentuali sono molto basse e non preoccupanti. I casi sono pochi e la maggior parte è dovuta a malattie o ricoveri.
Le procedure che si attivano quando succede, poi, cambiano prevedibilmente a seconda della regione e dell’azienda sanitaria, senza che ci siano linee guida esplicite e chiare a livello nazionale. Le decisioni su come comportarsi quando si è superata la finestra temporale raccomandata per il richiamo sono perlopiù affidate ai medici di base. Tra le altre cose, peraltro, questa incertezza normativa è legata alla preoccupazione che, regolamentando questi casi, si finisca per normalizzare e incentivare le defezioni agli appuntamenti per la seconda dose.
Negli Stati Uniti, secondo i dati del Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), pubblicati dalla Cnn il 25 giugno, l’11 percento di chi ha ricevuto la prima dose (15 milioni di persone) ha saltato l’appuntamento per il richiamo e ha superato l’intervallo di tempo tra le due dosi indicato dalle autorità sanitarie. L’1,5 percento non ha ancora ricevuto la seconda dose, ma è ancora in tempo prima di non rispettare gli intervalli indicati. Secondo i Cdc, sono in ritardo soprattutto le persone fra i 30 e i 39 anni.
Ma facciamo un breve ripasso sulle tempistiche dei richiami. Per il vaccino Pfizer-BioNTech la seconda dose non può essere somministrata prima di 21 giorni, e tra la prima e la seconda dose possono trascorrere fino a 42 giorni, secondo i protocolli indicati dalla casa farmaceutica e approvati dalle autorità sanitarie. Nel caso del vaccino di Moderna l’azienda produttrice consiglia di procedere con la seconda dose a 28 giorni di distanza dalla prima. È comunque possibile ritardare il richiamo, e anche per questo vaccino è indicata la possibilità di attendere fino a 42 giorni.
Il vaccino di AstraZeneca prevede che la seconda dose possa essere somministrata tra 28 e 84 giorni dalla prima. Il vaccino di Johnson & Johnson, invece, è monodose e quindi non necessita del richiamo. Secondo le linee guida del ministero della Salute, le uniche persone che possono saltare il richiamo sono i “soggetti con pregressa infezione”, cioè chi è stato malato di Covid, purché la prima vaccinazione sia eseguita ad almeno tre mesi di distanza e preferibilmente entro i sei mesi dall’infezione.
La scorsa settimana anche il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ha invitato gli Stati europei ad accelerare le campagne vaccinali, ribadendo l’importanza di completare il ciclo vaccinale, soprattutto dopo le indagini che hanno mostrato una notevole diffusione della variante Delta, più contagiosa delle altre in circolazione. La direttrice dell’Ecdc, Andrea Ammon, ha detto che la variante rappresenterà il 90 percento delle infezioni da coronavirus entro la fine di agosto: «Sfortunatamente i dati preliminari ci dicono che la variante interessa anche gli individui che hanno ricevuto una sola dose dei vaccini attualmente disponibili».
Dopo l’appello dell’Ecdc, anche in Italia ci sono state nuove raccomandazioni. Il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Franco Locatelli, ha detto che una sola dose del vaccino non copre adeguatamente e che va completato il ciclo vaccinale «per riuscire a ottenere una protezione sia da patologia grave che letale». L’immunologo Sergio Abrignani, componente dello stesso Comitato, ha dato qualche dettaglio in più al Corriere della Sera, dichiarando: «Una sola dose protegge al 70 percento dalla variante Alfa, mentre contro la Delta funziona al 20-30 percento. Con due dosi si è protetti al 85-90 percento dalla Delta e oltre il 95 percento dall’Alfa».
Nelle ultime settimane si è parlato di questo possibile problema in vista delle vacanze estive: c’era il timore che molte persone decidessero di non vaccinarsi per non dover riprogrammare o saltare le vacanze a causa della seconda dose. All’inizio di maggio il commissario Francesco Figliuolo aveva detto che sarebbe stato introdotto un coordinamento tra le Regioni per consentire alle persone di ricevere la seconda dose in vacanza.
Le difficoltà organizzative nella ridistribuzione delle dosi ha costretto Figliuolo a ridimensionare il progetto, attivato solo in alcune Regioni, come il Piemonte e la Liguria, e puntare sulla flessibilità. Il commissario ha scritto ai presidenti delle Regioni per chiedere di «attuare procedure flessibili di prenotazione della vaccinazione che consentano ai cittadini la definizione della tempistica vaccinale già dalla scelta della data della prima dose».
Dal punto di vista logistico e dell’organizzazione, la gestione delle seconde dosi e gli eventuali problemi dovuti alle defezioni della popolazione sono difficili da descrivere a livello generale. La mancata chiarezza e la situazione frammentata è dovuta all’autonomia sanitaria, che consente alle Regioni di programmare la campagna vaccinale con criteri e tempi diversi l’una dall’altra, come è avvenuto negli ultimi mesi. Il risultato è che finora è stato complesso capire se e come spostare l’appuntamento della seconda dose e cosa fare in caso di imprevisto.
In tutte le regioni italiane è previsto che chi salta il richiamo possa chiamare l’azienda sanitaria o il numero di assistenza regionale per riprogrammare la somministrazione entro l’intervallo massimo tra la prima e la seconda dose. Ma questa possibilità non è ufficialmente citata nelle linee guida regionali, per non incentivarla: c’è il rischio di creare notevoli problemi all’organizzazione generale. «È un errore, ma si può prenotare nuovamente», ha detto Roberto Ieraci, responsabile scientifico della campagna di vaccinazione nel Lazio.
Secondo le indicazioni degli operatori del numero 1500, attivato dal ministero per rispondere a tutte le domande sul coronavirus e anche sulla campagna vaccinale, in caso di un ritardo oltre l’intervallo massimo indicato tra la prima e la seconda dose bisogna rivolgersi al medico di base. Questi è chiamato a valutare l’opportunità di somministrare comunque il richiamo, e in questo caso va contattata l’azienda sanitaria per un nuovo appuntamento, oppure se è passato troppo tempo. Non è escluso che la persona debba sottoporsi a un test sierologico per capire se abbia sviluppato una sufficiente risposta immunitaria dopo la prima dose.
A ogni modo tutte le Regioni hanno previsto la possibilità di riprogrammare la seconda dose. In quelle che utilizzano la piattaforma di Poste Italiane si può chiamare il numero 800.00.99.66 per avere tutte le informazioni, mentre nelle altre bisogna accedere ai siti dedicati alla campagna vaccinale. Non c’è un unico metodo: in alcune Regioni si deve scrivere una mail; in altre chiamare un numero; altre ancora hanno integrato la possibilità di riprogrammare l’appuntamento nel portale per l’adesione alla campagna vaccinale.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Post
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by Antonio | Giu 30, 2021 | News
Il fatto è avvenuto nel quartiere popolare di San Giovanni a Teduccio. L’uomo, ritenendo che i soccorsi fossero troppo lenti, ha scavalcato i cancelli dell’autoparco e si è messo personalmente alla guida di un mezzo della Croce Rossa.
Ha dell’incredibile quanto accaduto alcuni giorni fa a Napoli, dove un uomo ha rubato un’ambulanza della Croce Rossa dall’autoparco di San Giovanni a Teduccio, periferia orientale. Gli agenti del locale commissariato hanno identificato il responsabile, che è stato arrestato, mentre è al vaglio degli inquirenti la posizione di altri cinque individui che avrebbero preso parte al furto.
Tutto sarrebbe cominciato con una chiamata dalla zona di via Marina per una persona che aveva accusato un malore. La Centrale operativa del 118 aveva inviato sul posto una ambulanza, ma i famigliari ritenevano che stesse passando troppo tempo. Così qualcuno ha deciso di mettersi in proprio, facendosi accompagnare in scooter all’autoparco e sollecitando il custode a inviare un mezzo di soccorso.
Richiesta che il custode, naturalmente, non poteva soddisfare, anche perché in un semplice parcheggio non c’è personale sanitario. A quel punto l’uomo avrebbe scavalcato i cancelli e rubato un’ambulanza, per poi tornare in via Marina, dove nel frattempo erano però arrivati ben due veicoli del 118. Comprensibile lo stupore dei soccorritori, quelli veri, alla vista di una terza ambulanza, guidata per giunta da un soggetto che non sembrava affatto uno di loro e che, resosi conto della situazione, ha abbandonato l’ambulanza, poi recuperata dalla polizia.
“Siamo andati ormai oltre i limiti della decenza – ha commentato Paolo Monorchio, responsabile del Comitato della Croce Rossa di Napoli –. Una cosa del genere non era mai successa prima. Obbedire alle regole, in certi quartieri della città, è un miraggio. Siamo spaventati, ma anche molto stanchi di un simile comportamento”.
Sulla vicenda è intervenuta anche l’associazione Nessuno tocchi Ippocrate: “C’è sempre un fondo più profondo da toccare, e adesso lo abbiamo fatto. Siamo stanchi, siamo esausti, siamo impauriti. C’è ancora un forte ritardo nell’installazione di telecamere, che potrebbero prevenire questi eventi. Chiediamo tutela al governo centrale e alla Regione”.
Redazione Nurse Times
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by Antonio | Giu 30, 2021 | News
Rilanciamo un articolo pubblicato sul portale RagusaNews.com.
Chi arriva per primo vince. In effetti si tratta di un’ovvietà, almeno per le competizioni sportive. Ma lo è anche per la selezione del personale dell’Asp Ragusa. Nella storia dell’avviso pubblico per il reperimento di psicologi e psicoterapeuti disponibili a effettuare supporto psicologico derivante dall’emergenza sanitaria da Covid-19, emanato dalla Regione Sicilia e gestito dal Policlinico “G. Martino” di Messina, mancava solo la risposta “Non hai vinto, ritenta”.
La delibera del Policlinico è dello scorso ottobre. Sono 49 i selezionati che formano la graduatoria dei professionisti destinati a supporto dell’Asp ragusana. La graduatoria con i nominativi dei 49 psicoterapeuti viene tramessa all’Azienda sanitaria provinciale. Per la chiamata? Niente di tutto questo. A piazza Igea si rifà un’altra procedura. Quale? Una comunicazione a mezzo Pec, datata 17 novembre 2020, alle ore 17:40 parte dagli uffici dell’Asp Ragusa e raggiunge i 49 destinatari selezionati.
L’Asp Ragusa, così, procede al conferimento di 23 incarichi ad altrettanti psicoterapeuti. Per loro l’unica modalità di accettazione dell’incarico in questa Azienda – si legge nella comunicazione – “sarà l’ordine progressivo e cronologico di comunicazione”. In sostanza chi arriva per primo e fino al 23esimo posto. Procedura aperta per 36 ore. Curiosità: tutti i candidati selezionati hanno risposto con fulminea velocità alla comunicazione dell’Asp, dalle 17:43 e fino alle 18:21. Per i soliti malpensanti è corsa a scrutare i nomi dei più veloci cliccatori che si sono aggiudicati un incarico da 40 euro l’ora, lordi. Figli di dirigenti dell’Asp? A saperlo…
Redazione Nurse Times
Fonte: RagusaNews.com
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by Antonio | Giu 30, 2021 | News
Di seguito un comunicato stampa a cura del sindacato infermieristico.
Celebrati come eroi per il loro impegno contro la pandemia da coronavirus, ma sottoposti a turni di lavoro massacranti e costante pressione fisica e psicologica. Sono queste le condizioni che l’organizzazione sindacale Nursind denuncia nei confronti dell’Area Vasta 5 e dell’Asur Marche fin dal mese di ottobre 2020.
Sono passanti più di sette mesi da quando abbiamo incontrato più volte il direttore Cesare Milani, la dirigente infermieristica Maria Rosa La Rocca e la manager dell’Asur Marche, Nadia Storti, i quali, in un primo momento, sembravano concordi nel voler risolvere le gravi problematiche organizzative esistenti nei due presidi ospedalieri. Purtroppo le promesse non sono state affatto mantenute e il problema risulta ANCORA NON RISOLTO.
La pronta disponibilità è un istituto contrattuale, previsto dal Contratto collettivo nazionale (Ccnl del 2018, art. 28), caratterizzato da una precoce reperibilità del dipendente di recarsi in tempi molto brevi sul luogo di lavoro al fine di rispondere alle esigenze di un’unità operativa nel gestire le urgenze assistenziali. Di norma il Ccnl prevede l’effettuazione di sei pronte disponibilità nell’arco di un mese.
Nell’Area Vasta 5 (di norma persiste da decenni) il personale dei Blocchi operatori di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto è obbligato a fare più del doppio delle reperibilità previste al mese. A volte la quantità arriva anche a 14 o 16 reperibilità mensili, pertanto non rispettando la normativa espressa nel Decreto legislativo 66/2003, riguardante l’osservanza dell’orario di lavoro. Gli infermieri sono stanchi, non ce la fanno più a gestire il sovraccarico lavorativo e il conseguente stress psicofisico. Queste condizioni di allerta possono minare, oltre alla salute dei professionisti stessi, anche la qualità dell’assistenza sanitaria prestata, favorendo inevitabilmente l’aumento del rischio di errori e ricadute di malpractice.
Il Nurind, dopo aver tentato invano tutte le vie conciliative con i vertici dell’Asur, comunica di essere disposto ad utilizzare tutti gli strumenti sindacali utili a risolvere il problema esposto e radicato nei Blocchi operatori dell’Area Vasta 5, chiedendo altresì anche un intervento delle forze politiche e amministrative locali per far sì che la gestione organizzativa dell’Area Vasta 5 sia adeguata e conforme ai dettami previsti dal Contratto collettivo nazionale di lavoro (di norma le sei reperibilità al mese), soprattutto per scongiurare rischi di errori pregiudizievoli per la salute del cittadino utente.
Redazione Nurse Times
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