by Antonio | Apr 30, 2021 | News
Di seguito la richiesta a nome della COAP di Lecce di sollecitare il Ministro della Salute e il Presidente della Conferenza delle Regioni affinché sia consentito anche agli Infermieri Pediatrici di poter vaccinare.
”Al Presidente Nazionale FNOPI, Dott.ssa Barbara MangiacavalliAl Presidente COAP Nazionale, Dott.ssa Laura Barbottoe p,c. Al Presidente della Regione Puglia, Dott. Michele Emiliano
Gent.mi Presidenti
Come è noto il Presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga ha emanato dei protocolli di intesa tra Governo, Regioni e Ordini Professionali che vanno ad abilitare circa 200mila iscritti alla Federazione Tsrm Pstrp (tecnici di radiologia medica, delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione), 50mila biologi e le 20mila ostetriche nella campagna nazionale di vaccinazione contro il Covid.
In Italia abbiamo circa 10.000 Infermieri Pediatrici che hanno conoscenze e competenze avanzate sul tema della prevenzione ed effettuano, da anni, le campagne vaccinali in ambito pediatrico e che non hanno bisogno di fare alcun corso FAD per essere formati alla somministrazione in sicurezza dei vaccini.
Sappiamo benissimo che il DM n.70/97 indica che l’attività dell’Infermiere Pediatrico non può essere effettuata su assistiti che superano i 18 anni di vita; ma è chiaro che se oggi, dopo l’Accordo sopra citato, noi abbiamo professionisti che sono autorizzati a somministrare i vaccini senza avere mai preso in carico un paziente nel processo della vaccinazione, a questo punto la competenza, la professionalità di un Infermiere Pediatrico può serenamente superare qualsiasi vincolo di età anagrafica.
Con la presente sono a chiedere, a nome della COAP di Lecce di sollecitare il Ministro della Salute e il Presidente della Conferenza delle Regioni affinché sia consentito anche agli Infermieri Pediatrici di poter vaccinare nei PVP dando il proprio contributo qualificato nella campagna vaccinale anti covid-19.
Il Governo e il Presidente della Conferenza Stato Regioni hanno derogato su tutto, pertanto speriamo nel vostro impegno, affinché, anche gli Infermieri Pediatrici possano contribuire ad accelerare la campagna di vaccinazione nazionale e di assicurare un servizio rapido e capillare. ”
La Presidente COAP di Lecce , F.to Inf. Ped. Rosa Anzelmo
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by Antonio | Apr 30, 2021 | News
Colpa, ancora una volta, della pandemia. La richiesta d’aiuto in una lettera indirizzata all’Ats.
Ancora una volta la pandemia fa pagare il prezzo più alto ai disabili e alle loro famiglie. Ancora una volta la coperta si scopre corta. E una volta tirata, finisce che siano loro a rimanere senza. «Siamo costretti a dire di no a molte famiglie che ci chiamano perché hanno bisogno», fa sapere, suo malgrado, Maurizio Marzegalli, vicepresidente della Fondazione Maddalena Grassi e responsabile di un servizio più unico che raro a Milano, come nel resto del Paese: l’assistenza domiciliare ai bambini con disabilità grave e gravissima.
È proprio alle famiglie di questi bambini che la Fondazione non riesce più a rispondere come ha sempre fatto in trent’anni di esperienza. Anzi, aggiunge Marzegalli, «oggi come oggi non riusciamo a garantire un’assistenza completa neanche a quanti abbiamo già preso in carico».
A rallentare e complicare l’opera della Fondazione è la carenza di infermieri che possano andare nelle case dei bambini. Una carenza indotta dalla pandemia che, in aggiunta, ha acuito alcuni limiti del sistema dell’assistenza domiciliare integrata (Adi) messo a punto in questi anni dalla Regione Lombardia e dalle Agenzie di tutela della salute (Ats), come spiegato da Marzegalli nella lettera appena inviata proprio all’Ats della Città Metropolitana di Milano. Una lettera che si conclude con la speranza di un “necessario, atteso e solerte riscontro”.
E un riscontro c’è già stato: lunedì si terrà un incontro tra la Fondazione e la direzione generale Welfare della Regione. «La domanda di infermieri è cresciuta sensibilmente negli ultimi mesi a causa dell’emergenza coronavirus – spiega Marzegalli –. Alcuni ospedali hanno rispolverato graduatorie di qualche anno fa e le hanno rese operative per arruolare infermieri da destinare ai reparti, alla campagna vaccinale e ai tamponi». Senza contare che «a partire dagli ultimi mesi del 2020 si sono via via riaperti i concorsi».
Problema nel problema, a incentivare la scelta di altri percorsi professionali da parte degli infermieri è l’entità della retribuzione riconosciuta a quanti fanno assistenza domiciliare ai minori con disabilità, più bassa di quella garantita negli ospedali, anche a fronte di un lavoro talvolta decisamente meno impegnativo. Esiste, infatti, anche un problema di burnout del personale infermieristico dedicato all’Adi.
Il vicepresidente della Fondazione Maddalena Grassi ricorre proprio a questo termine. E spiega: «In alcuni casi l’assistenza assorbe non solo parecchio tempo ma anche parecchie energie emotive. Capita che l’infermiere soffra insieme al bambino. Capita che non riesca a prendere in carico un minore subito dopo averne assistito e lasciato un altro. E questo incide, a sua volta, sulla turnazione e sulla disponibilità degli operatori». Un fattore non congiunturale, questo. Ma che, unito all’aumento della domanda indotto dalla pandemia, rende ancor più difficile avere il numero di infermieri necessario a far fronte al bisogno delle famiglie.
Tutto riportato nella lettera inviata da Marzegalli all’Ats: “Nell’ultimo anno, anche a causa della pandemia in corso, si è determinata una situazione oggettivamente critica con un significativo aggravio dei carichi di lavoro ed una sostanziale difficoltà di reperimento di risorse umane qualificate. La situazione, infatti, evidenzia una carenza del personale infermieristico specializzato per una carenza di figure professionali, per burn out delle medesime e per un mercato altamente competitivo, caratterizzato in particolare dalla parte pubblica che remunera attività vaccinali e tamponi a prezzi non competitivi con gli accessi domiciliari e che rende difficilissimo reperire sul mercato personale infermieristico specializzato”.
La Fondazione ora può contare solo su dieci infermieri, cinque dei quali part-time, a fronte di 86 minori da seguire. «Ne servirebbero altri quattro o cinque a tempo pieno», spiega Marzegalli. Anche perché durante l’anno il numero degli assistiti può salire: «Nell’arco dei 12 mesi oscilliamo tra gli 80 e i 100 bimbi».
Da qui il monito: “Il contesto descritto – si legge nella missiva –, a breve, potrebbe non permettere il naturale turn over con un conseguente, inevitabile quanto non voluto impatto sul servizio. I nostri pazienti non possono essere gestiti a domicilio senza l’ausilio di numerose ore giornaliere di assistenza infermieristica specialistica. Inoltre – si rimarca –, da più di 6 mesi non siamo purtroppo più in grado di soddisfare le richieste di presa in carico che ci giungono sia dalle famiglie che dagli ospedali, che conseguentemente rimangono, nostro malgrado, senza un’assistenza adeguata”.
Come possono intervenire Regione e Ats? Innanzitutto separando l’Assistenza domiciliare integrata per gli adulti da quella per i minori, e aumentando le risorse riconosciute alla seconda a titolo di rimborso delle prestazioni garantite. «Oggi sono entrambe in un unico calderone – nota Marzegalli –. È necessario, invece, un incremento del budget dedicato all’assistenza dei minori gravi e gravissimi e tariffe dedicate che riconoscano la specificità del servizio».
Di fatto succede che i rimborsi preventivati dalla Regione non siano quasi mai sufficienti a coprire il volume di prestazioni effettivamente garantite per l’assistenza domiciliare dei minori e gli enti non hanno dunque la possibilità di attrarre infermieri e personale. «Nel 2020 la Fondazione ha garantito prestazioni ai minori per un totale di 627mila euro. Per quanto riguarda l’Adi nel suo complesso, lo sforamento rispetto al budget preventivato a inizio anno è stato di 300mila euro. Soldi, questi, che vengono corrisposti ex post dalla Regione quasi interamente», spiega Marzagalli.
“Occorre – si propone nella lettera – prevedere una sezione dedicata all’Adi minori con una specifica retribuzione”, perché qui “le prestazioni sono più complesse”. L’altro versante è l’aiuto alle famiglie, attraverso il riconoscimento delle figura dell’assistente famigliare e di operatori socio-sanitari esperti in certe procedure. Perché, quando si ha a che fare con minori con disabilità gravi e gravissime, i volontari non possono essere una risorsa, servono competenze.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Giorno
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by Antonio | Apr 30, 2021 | News
Sei giovani partecipanti al “concorsone” indetto alla Regione Puglia e svoltosi nel 2019 al Policlinico di Foggia hanno formalizzato una querela alla Guardia di finanza.
Quel titolo è carta straccia. Si infrangono i sogni di accedere al posto di lavoro conquistato e per il quale avevano studiato e superato il “concorsone” indetto alla Regione Puglia per operatore socio-sanitario (oss), svoltosi nel 2019 al Policlinico di Foggia. Il sogno infranto, in questo caso riguarda sei giovani salentini – ma i numeri dei malcapitati sono decisamente più alti – che, notando come le istituzioni private presso le quali si erano preparati, conseguendo il diploma non valido, proseguivano nell’organizzare i corsi di formazione ai quali anche loro avevano avuto accesso negli anni passati, hanno deciso di formalizzare una denuncia querela alla Guardia di finanza di Brindisi, ipotizzando il reato di truffa.
«Detta truffa, ampiamente documentata e denunciata qualche giorno fa alla Guardia di finanza – ha detto uno di loro alla Gazzetta del Mezzogiorno –, è regolarmente ordita e condotta da un istituto di Lecce e da una scuola professionale di Brindisi e Lecce. Il corso di qualifica, ufficializzato come “accreditato”, con versamento di quote in denaro e con impegno di studio da parte dei concorrenti, si è rivelato inutile, con un rilascio di attestato falso e, quindi, non riconosciuto dalla Regione».
Insomma, «pur avendo superato il concorso ed essendo entrati in graduatoria, risulta che, insieme ai denuncianti, ben 65 persone si sono ritrovate a mani e tasche vuote, deluse dalla caduta del sogno di un lavoro sicuro e meritato, nonché dalla falsità truffaldina» di chi ha organizzato quei corsi ed è «ancora in attività, nonostante altre denunce, a quanto pare, depositate nei loro confronti per questo riprovevole comportamento».
I sei giovani dei quai parliamo – ma volete che quell’altra cinquantina non lo abbia fatto? – hanno consultato diversi uomini di legge: “Secondo il parere di alcuni avvocati consultati nel merito – si legge nell’esposto -, solo il presidente Emiliano potrebbe sanare o far sanare l’ingiustizia subita delle vittime, facendole riammettere nella graduatoria dell’ultimo concorso espletato”.
Ma torniamo al possibile procedimento che i giovani hanno attivato con la denuncia querela. Loro raccontano di aver versato un acconto di 500 euro, di aver frequentato il corso versando la restante quota di 2.300 e di aver effettuato “il tirocinio pratico richiesto”, ciascuno in una sede diversa. E poi l’esame… Sono stati accompagnati dai responsabili della scuola in un albergo di Pescara, “in quanto (…) la locale sede scolastica degli esami era chiusa per lavori”. Hanno “superato l’esame finale nel corso dell’estate del 2016” con una commissione nella quale, oltre a due responsabili di queste scuole c’erano anche “un infermiere e un medico”. E poi ecco l’attestato di qualifica “rilasciato dalla Regione Abruzzo ai sensi della legge 845/78”.
E così questi giovani affrontano e superano il concorso regionale per titoli ed esami: il famigerato concorsone oss di Foggia. E cosa accade? “A distanza di quasi due anni, dopo il superamento delle prove nel mese di marzo 2021 – si dice nella denuncia -, ricevevamo dallo stesso Policlinico, organizzatore del concorso, notifica di Provvedimento di decadenza per assenza requisito specifico, con determinazione del dirigente n. 1059 in data 11 marzo 2021, che specificava come in merito al carteggio certificativo di partecipazione al concorso la mancata validità, certificata dalla Regione Abruzzo, dell’attestato oss da (…), non essendo tale soggetto inserito nell’Albo regionale degli Organismi di formazione accreditati dalla Regione Abruzzo allo svolgimento di attività formative”. Da qui la decisione di rivolgersi alla magistratura, tramite la Guardia di finanza, perché il sogno infranto diventi una realtà meno triste.
Redazione Nurse Times
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno
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by Antonio | Apr 30, 2021 | News
L’Ordine protesta per la scelta di dubbio gusto.
Una sexy infermiera, rappresentata in stile fumetto, e una frase che recita: “Medicazioni, punture, misurazione pressione, ecc.”. Questa l’immagine scelta per la propria campagna pubblicitaria da una farmacia di Savona, che assicura la presenza in loco di un’infermiera “7 giorni su 7”.
Una scelta di dubbio gusto, che ha fatto scattare l’indignazione di Opi Savona: “Come Ordine – si legge sulla pagina Facebook dell’Ordine -, abbiamo scritto, con il supporto della Fnopi e del nostro avvocato, alla farmacia in oggetto e all’Ordine dei farmacisti per denunciare tale pubblicità. Condividiamo il vostro sdegno e confidiamo in una pronta risposta”.
Redazione Nurse Times
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by Antonio | Apr 30, 2021 | News
Circa un quarto degli operatori non sono immunizzati. L’Azienda sanitaria minaccia sanzioni.
In Alto Adige, dove il movimento no vax è ben radicato, un operatore sanitario su quattro non si è ancora sottoposto alla vaccinazione anti-Covid. Sono infatti oltre 5.700 i sanitari nelle strutture pubbliche e private ancora non immunizzati.
In questi giorni l’Azienda sanitaria sta invitando gli “scettici” a sottoporsi alla vaccinazione, assegnando appuntamenti e contemporaneamente minacciando le prime sospensioni da metà maggio. Per evitare che dosi di vaccino a fine giornata debbano essere buttate, inoltre, viene rafforzata la cosiddetta lista jolly.
Nel frattempo i centri per i test nasali gratuiti registrano un vero e proprio assalto. A Bolzano, in tutte le postazioni, gli appuntamenti sono esauriti fino alla prossima settimana. Un tampone negativo è infatti condizione per ricevere il Corona-Pass, che dà accesso ai locali interni di ristoranti e bar. Ricevono il “lasciapassare” anche i guariti e chi ha concluso il ciclo vaccinale.
Come dice Stephan Ortner, direttore del centro privato di ricerca applicata Eurac, chi dovesse falsificare il Corona-Pass, provvisto di un codice Qr che fa apparire una spuntina verde con il nome del testato, rischia grosso, ovvero un procedimento penale per falsificazione di documenti e forse addirittura per causato rischio alla salute pubblica.
Redazione Nurse Times
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