by Antonio | Mar 31, 2021 | News
Ad avanzare l’ipotesi sono i ricercatori dell’Università di Manchester.
Perdita dell’udito stimata al 7,6%, acufene al 14,8% e vertigini al 7,2%. Queste le percentuali emerse da un’indagine comparativa tra 56 studi che hanno identificato un’associazione tra coronavirus e problemi uditivi. L’ha condotta il professor Kevin Munro, otorinolaringoiatra dell’Università di Manchester, che insieme al ricercatore Ibrahim Almufarrij ha esaminato questionari auto-riferiti o cartelle cliniche, piuttosto che test dell’udito specifici e scientificamente più affidabili.
Proprio per questo Munro ha evidenziato la necessità di “uno studio clinico e diagnostico condotto con attenzione per comprendere gli effetti a lungo termine del Covid-19 sul sistema uditivo”, come si legge sul sito dell’Università di Manchester. La correlazione è suggerita anche dal fatto che altri virus, “come il morbillo, la parotite e la meningite possono causare la perdita dell’udito”: un motivo in più per approfondire l’argomento.
Senza dimenticare che i danni all’udito potrebbero rivelarsi irreversibili per alcune categorie. “I pazienti sotto i 50 anni – ha spiegato Munro – hanno recuperato completamente l’udito e superato del tutto anche la sindrome vertiginosa. Il problema riguarda gli over 50, che hanno invece evidenziato risultati positivi in meno della metà dei casi. Gli altri, purtoppo, continuano a dover fare i conti con ipoacusia e acufeni”.
Redazione Nurse Times
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by Antonio | Mar 31, 2021 | News
Sta provando a capirlo un gruppo internazionale di ricercatori comprendente anche il genetista italiano Giuseppe Novelli.
Può accadere che una persona sana entrata in contatto stretto con una positina al coronavirus, magari senza usare la mascherina, non contragga l’infezione? Come mai? Cosa rende differenti i “suscettibili” dai “resistenti”? E, soprattutto, come questa differenza può essere sfruttata nella lotta al Covid-19?
Per rispondere alle domande il genetista italiano Giuseppe Novelli (foto), direttore del Laboratorio di Genetica medica del Policlinico Tor Vergata di Roma, ha condotto uno studio internazionale in collaborazione con 200 laboratori mondiali, coordinati dalla Rockefeller University di New York. I risultati sono stati pubblicati su Science.
Come noto, la risposta al Covid è molto variegata e determina quadri clinici differenti, sebbene il virus sia sempre lo stesso: c’è chi è asintomatico, chi riporta solo sintomi lievi, chi ha bisogno di ossigeno e chi finisce in terapia intensiva. Da cosa dipende? “A maggio dello scorso anno abbiamo provato a capire questo punto fondamentale della pandemia – dice Novelli, intervistato da Huffpost -. Quando c’è un’infezione virale di queste dimensioni bisogna tenere conto di tre fattori: il patogeno, l’ospite e l’ambiente, ossia in che contesto si trova l’infezione con l’ospite. L’ospite siamo noi, che con le nostre caratteristiche genetiche rispondiamo in maniera diversa a un’infezione”.
Ciò non vale solo per il coronavirus. Circa un 10% di persone, per esempio, risulta naturalmente resistente all’Aids: non si infettano perché hanno un difetto nel recettore CCR5, che permette al virus di entrare. Ma lo stesso fenomeno è stato riscontrato per altre malattie, come la malaria e la tubercolosi. “Per capire cosa comporta queste differenze nell’infezione da Covid – prosegue il genetista – abbiamo innanzitutto studiato il Dna dei malati gravi, quelli che finiscono in terapia intensiva, cercando differenze genetiche. Abbiamo scoperto che il 13% dei malati gravi presenta alcune differenze importanti nei geni che codificano l’interferone, ossia la molecola in prima linea di difesa, la prima barriera di immunità innata, quella che interviene prima ancora che si sviluppino gli anticorpi”.
I pazienti in questione avevano un problema nella produzione o anche nell’attività delle molecole di difesa, come l’interferone. “Per la prima volta – aggiunge Novelli – è stato messo in evidenza che una caratteristica genetica dell’ospite è in grado di influenzare la gravità della malattia. Siamo partiti da qui: se esistono fattori genetici di suscettibilità, è evidente che c’è anche un rovescio della medaglia. In genetica funziona così, non c’è mai un unico senso”.
Ora il team guidato da Novelli vuole capire cosa abbiano di speciale quelli che negli Usa chiamano resistors, ossia coloro che hanno avuto un’esposizione documentata, estesa con persone malate, mangiando e dormendo con loro, senza tuttavia contrarre il virus. “Abbiamo lanciato un progetto internazionale per trovare volontari tra comprovati resistenti, e abbiamo raccolto il loro Dna”, conferma il professore.
Sono circa 150 i volontari italini sottoposti ad analisi e questionari, oltre a quelli provenienti da altri Paesi (Stati Uniti, Francia, Spagna, Brasile). “Bisognerà mettere insieme i dati dei soggetti resistenti, leggerli e capire se ci sono omologie di sequenze del Dna – conclude il genetista –. Saranno messe a confronto con quelle dei malati gravi. Producono più interferone? Non lo sappiamo, dobbiamo verificarlo, ma se così fosse, significherebbe che l’interferone può essere d’aiuto. Se scopriamo che hanno una chiave d’arresto, come per l’Aids, potremmo scoprire un farmaco che blocca l’ingresso anche al Covid”.
Redazione Nurse Times
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by Antonio | Mar 31, 2021 | News
Il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurgi e odontoiatri ribadisce la piena disponibilità della categoria a vaccinare sul territorio.
“I medici sono pronti a vaccinare. A scarseggiare sono i vaccini”. Parola di Filippo Anelli, appena riconfermato alla guida della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurgi e odontoiatri), che ora chiede l’ausilio delle forze armate per distribuire le dosi ai medici.
“Sono quasi 200mila – spiega Anelli – i medici e gli odontoiatri disponibili a vaccinare sul territorio, secondo le metodologie scelte dalle Regioni e dalle Asl: negli hub, negli studi, a domicilio. Abbiamo assicurato la disponibilità, firmato protocolli, stabilito intese a livello locale. Ora dateci le dosi di vaccino. Noi siamo pronti. Chiediamo al commissario straordinario, generale Francesco Paolo Figliuolo, di utilizzare anche le forze armate e la Protezione civile per distribuire le dosi. I medici ci sono e sono impazienti di fare la loro parte, come ormai da decenni fanno durante la campagna anti-influenzale e, da sempre, nei centri vaccinali delle Asl”.
E ancora: “Se i medici disporranno di un numero sufficiente di vaccini, sarà possibile, in tempi relativamente brevi, la vera svolta: sottoporre a vaccinazione in tutti i centri previsti dal Piano vaccinale gli anziani, i pazienti più fragili e quelli affetti da particolari patologie, le categorie professionali a rischio. Per arrivare, entro l’estate, a proteggere gran parte della popolazione. Il rapporto di alleanza che lega il medico al paziente, la conoscenza approfondita e costante delle condizioni cliniche del cittadino aiuteranno a raggiungere, in un clima di serenità e fiducia, gli obiettivi fissati dal piano di vaccinazione, nel rispetto della dignità di ogni persona”.
Redazione Nurse Times
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by Antonio | Mar 31, 2021 | News
I dati sono aggiornati al 18 marzo. Sotto lo 0,5% le altre mutazioni monitorate.
In Italia, al 18 marzo scorso, la prevalenza della cosiddetta variante inglese del coronavirus dell’86,7%, con valori oscillanti tra le singole regioni tra il 63,3% e il 100%. Per la variante brasiliana la prevalenza era del 4% (0%-32,0%), mentre le altre monitorate erano sotto lo 0,5%. La stima proviene dalla nuova indagine rapida condotta dall’Iss e dal ministero della Salute, insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler, che fa seguito a quelle diffuse nelle scorse settimane, da cui era emersa una maggior trasmissibilità per la variante inglese (37%).
Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province autonome di selezionare sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus, secondo le modalità descritte nella circolare del ministero della Salute dello scorso 17 marzo. Il campione richiesto è stato scelto dalle Regioni/PPAA in maniera casuale fra i campioni positivi, garantendo una certa rappresentatività geografica e, se possibile, per fasce di età diverse. In totale hanno partecipato all’indagine le 21 Regioni/PPAA e 126 laboratori.
Queste le principali riflessioni emerse dalla survey:
La rilevazione della variante lineage B.1.1.7 (la cosiddetta inglese) nella totalità delle Regioni/PPAA partecipanti è indicativa di una sua ampia diffusione sul territorio nazionale. La prevalenza nazionale della variante lineage B.1.1.7 stimata nella indagine rapida precedente del 18 febbraio pari a 54% è ora pari a 86.7%.La variante lineage P.1 (la cosiddetta brasiliana) ha mantenuto una prevalenza pari al 4% (nella precedente era pari a 4.3%). Ma nell’indagine precedente era stata segnalata in Umbria, Toscana e Lazio, nell’indagine del 18 marzo anche in Emilia Romagna, in diminuzione nel numero totale in Umbria e in aumento, invece, nel Lazio.Al fine di contenerne e attenuarne l’impatto sulla circolazione e sui servizi sanitari è essenziale, mantenendo le misure di mitigazione in tutto il Paese nel contenere e ridurre la diffusione del virus SARS-CoV-2, mantenendo o riportando rapidamente i valori di Rt a valori <1 e l’incidenza a valori in grado di garantire la possibilità del sistematico tracciamento di tutti i casi.Redazione Nurse Times
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by Antonio | Mar 31, 2021 | News
Sarà alla guida della Federazione nazionale degli Ordini dei medici per altri quattro anni. Tutte le nomine.
Il comitato centrale della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) ha confermato all’unanimità Filippo Anelli come presidente per i prossimi quattro anni. Conferme anche per Giovanni Leoni come vicepresidente, Roberto Monaco come segretario e Gianluigi D’Agostino come tesoriere.
“La professione – ha commentato Anelli – non si è tirata indietro durante la pandemia, dimostrando di essere disponibile sul campo e di essere il vero collante per l’unità d’Italia. Vorrei ringraziare Maria Teresa Gallea, che è Cavaliere della Repubblica per il suo esempio professionale, per essere andata in aiuto dei cittadini del Veneto, dove tanti medici si erano contagiati. Abbiamo voluto chiamare la nostra lista Professione e Diritti perché la professione riesce a essere uguale in tutto il Paese e a farsi garante dei diritti alla salute, alla vita, all’autodeterminazione, all’uguaglianza, all’equità. E lo fa senza discriminazione alcuna, senza respingere nessuno per questioni di genere, di colore della pelle, di lingua, di condizioni sociali”.
Poi un messaggio a tutti i cittadini: “Agli italiani voglio lanciare un invito a credere sempre più nella scienza. Noi siamo parte integrante della comunità scientifica: i medici sono anche ricercatori, contribuiscono in maniera determinante a sottolineare le evidenze, le verità scientifiche. Invitiamo i cittadini ad avere fiducia nei medici. Se hanno fiducia nei medici, hanno fiducia nella scienza. Se hanno fiducia nella scienza, hanno fiducia nei vaccini. E proprio nei vaccini si trova la strada per uscire da questa pandemia”.
Del nuovo comitato centrale fanno parte anche Anna Maria Ferrari (Reggio Emilia), Salvatore Amato (Palermo), Antonio Magi (Roma), Paola David (Pistoia), Guido Giustetto (Torino), Luigi Sodano (Napoli) Giovanni Pietro Ianniello (Benevento), Emilio Montaldo (Cagliari), Guido Marinoni (Bergamo), Vincenzo Antonio Ciconte (Catanzaro), Fulvio Borromei (Ancona), Cosimo Napoletano (Teramo).
E per la componente odontoiatrica, oltre al tesoriere, il presidente e il vicepresidente della Commissione Albo Odontoiatri, Raffaele Iandolo e Brunello Pollifrone, e Andrea Senna (Milano).
Revisori dei conti sono Maria Erminia Bottiglieri (Caserta), Roberto Carlo Rossi (Milano) e Maria Teresa Gallea, consigliere dell’Ordine di Padova.
Redazione Nurse Times
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