Conferenza Firenze, Saccardi “Investire di più sugli infermieri di famiglia e comunità”

Conferenza Firenze, Saccardi “Investire di più sugli infermieri di famiglia e comunità”

Modera la prima sessione il giornalista A. Pancani
Apre la conferenza l’assessore sanità della regione Toscana S. Saccardi “Io credo sia doveroso essere qua a dire un grazie ad una professione che è cresciuta di più in questi anni…abbiamo cercato di dare un impulso a questa professione, abbiamo istituito ilo dipartimento delle professioni infermieristiche. Oggi il ruolo delle professioni infermieristiche è sempre più fondamentale. Gli infermieri dovranno fare un salto di qualità per raggiungere una dimensione dirigenziale utile alla crescita del sistema sanitario….Siamo l’unica regione ad aver istituito gli infermieri di famiglia e comunità. Stiamo avendo dei risultati straordinari! Abbiamo assegnato all’infermiere di famiglia, non un medico di medicina generale, ma un’area geografica ben definita in modo tale che la popolazione abbia un riferimento del SSR. 
Il cittadino sente di essere presa in carico dal sistema, evitando l’accesso improprio alle strutture ospedaliere, andando incontro ai problemi della cronicità. Il ruolo dell’infermiere di famiglia e comunità è un riferimento cardine di questo nostro sistema, che vogliamo ancora rafforzare”.

I saluti del presidente Opi Firenze – Pistoia D. Massai rilancia “In ogni azienda serve un centro di ricerca infermieristica”.

La presidente della FNOPI B. Mangiacavalli “Noi siamo propositivi e costruttivi e vogliamo dare risposte ai cittadini, per garantire coerenza e appropriatezza ai bisogni di salute che si stanno spostando dal territorio al domicilio…Non ci arrocchiamo in posizioni difensive. Gli infermieri ragionano in equipe multiprofessionali, entro il quale ognuno porta il suo punto di vista, per il bene del paziente”.
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Redazione NurseTimes
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L’infermieristica italiana si incontra a Pugnochiuso: più VALORE alla professione nell’Università, Lavoro e Ricerca

Si terrà presso il Centro Congressi di PUGNOCHIUSO a VIESTE (FG) il canonico appuntamento annuale degli ordini delle Professioni Infermieristiche, organizzato quest’anno dall’ OPI Bari, BAT, Brindisi e Caserta
Il titolo dell’evento è “PIÙ VALORE alla professione infermieristica nell’Università, nel lavoro e nella Ricerca”
Interessanti gli spunti di riflessione che daranno dibattito ai partecipanti per confrontarsi sulle tematiche della Professione Infermieristica e sulle dicotomiche sfide che oggigiorno ogni infermiere è costretto ad affrontare durante l’esercizio delle sue funzioni.
Interverranno la Presidente Nazionale, B. Mangiacavalli, ed i rispettivi presidenti degli Ordini Professionali, seguiti da un pool di relatori qualificati e con elevate competenze nei settori di disquisizione assegnati.
La professione infermieristica, in quest’ultimo periodo è riuscita a rafforzare la propria identità professionale, soprattutto nell’ambito del profilo di autonomia e responsabilità con l’intervenuta legge 8 marzo 2017, n. 24, meglio nota come “legge Gelli”.
Un altro traguardo raggiunto, consegue alla “conquista” del rango di Professione Sanitaria con la legge 11 gennaio 2018 n. 3 di trasformazione del proprio Ente di rappresentanza professionale da Collegio a Ordine. Ciò nonostante, la nostra professione stenta a identificarsi nella nuova soggettività giuridica che il “nuovo” ordinamento impone manifestando criticità evidenti nel declamare, un ruolo da protagonista nel complesso panorama della sanità italiana.
Ancora oggi, la formazione infermieristica, ospitata negli Atenei d’Italia, è consegnata alla libera interpretazione degli ordinamenti didattici di pertinenza, alle scuole/facoltà di medicina che sottovalutano il contributo infungibile loro concesso dagli Infermieri nel ruolo di Direttore attività formative, Docente discipline infermieristiche e Tutor professionale.
La questione insoluta che attiene allo sviluppo delle competenze professionali,  affrontata nel rinnovo contrattuale intervenuto, senza nessuna forma di  riconoscimento giuridico e remunerativo e senza indicazioni di prospettiva futura cui si aggiunge la perenne deriva conflittuale con la professione medica sugli ambiti di competenza professionale accentuata dalla difficoltà di costruire sinergie politiche di rappresentanza adeguate al processo di crescita professionale.
Non va dimenticata altresì, la mancata piena attuazione della legge n.43 del lontano 2006 sull’Infermiere “specialista”, declinata esclusivamente nell’ordinamento accademico senza produrre, in coerenza con i contenuti, provvedimenti legislativi di integrazione e modifiche ai modelli organizzativi del sistema sanitario.
Altro argomento degno di nota riguarda la sostenibilità economica del sistema sanitario con la revisione delle dotazioni organiche, oggi declinate nel nuovo termine: I  “fabbisogni” di personale, la cui definizione è sempre improntata a criteri  prevalentemente di natura economica, con ricadute negative nella implementazione di “modelli organizzativi” capaci di soddisfare i bisogni di salute che i cittadini esprimono. Tanto premesso, oggi si avverte una marcata “preoccupazione” per il futuro incerto per le nuove generazioni di Infermieri a cui gli Organismi di rappresentanza professionale devono dedicare particolare attenzione con azioni di coinvolgimento e partecipazione alle proprie “politiche istituzionali”.
In sintonia con questo “malessere” sono in movimento nuove forme di rappresentanza professionale dedicate ai giovani Infermieri. Infatti, la FNOPI e molti OPI hanno aperto un laboratorio permanente (consulta giovani) finalizzato a capitalizzare nuove energie a sostegno dello sviluppo e della valorizzazione della professione infermieristica.
Queste alcune delle premesse che hanno indotto gli Ordini Professionali di Bari, Barletta Andria Trani, Brindisi e Caserta, (uniti da una amicizia storica) a promuovere con la fattiva collaborazione, in particolare della Presidenza della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università di Bari e della Presidenza; del C.dL in Infermieristica Università della Campania “L. Vanvitelli e del Cdl di Infermieristica del Polo didattico Frattaminore della Università degli Studi di Napoli “Federico II”, un’iniziativa formativa di approfondimento e confronto di esperienze, sugli argomenti in programma per delinearne gli scenari futuri.
Di seguito il programma dell’evento formativo che durerà tre giorni e che è accreditato ECM.
 
CALABRESE Michele
 
Allegato
pieghevole PUGNOCHIUSO
 
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Conferenza nazionale delle politiche della professione infermieristica in diretta streaming

La FNOPI avvia l’unidicesima edizione della Conferenza nazionale delle politiche della professione infermieristica
L’evento si tiene a Firenze, oggi 31 maggio, dalle 9 alle 17, a Firenze e sarà visibile a partire dalle 9:30 in diretta streaming.

L’occasione sarà importante per dibattere sull’organizzazione dei sistemi sanitari di alcune Regioni che si sono distinte per saper offrire le migliori performance in termini di garanzia dei Lea e per fare il punto su alcuni strumenti importanti già disegnati e nelle disponibilità dei gestori e altri in via di definizione con chi ha la responsabilità di disegnare e declinare nella realtà i modelli organizzativi dei sistemi sanitari regionali.
 
Redazione NurseTimes
 
Allegato
FNOPI PROGRAMMA CONFERENZA SULLE POLITICHE -5-.pdf (45 KB)
 
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Tecnologia 5G, la rivoluzione che sta cambiando le cure mediche

Ospedali e pazienti sempre più connessi in tempo reale. Al via i primi progetti di telemedicina e teleassistenza in Italia.
Recuperare le funzionalità dopo un ictus attraverso la realtà virtuale. Interagire con i neonati ospitati nelle incubatrici. Monitorare il periodo di convalescenza con dispositivi indossabili intelligenti. Questo è solo un assaggio di quanto promette la rete mobile di quinta generazione. È infatti l’assistenza sanitaria uno dei settori che più beneficerà della tecnologia 5G, eclissando i predecessori in almeno tre caratteristiche: capacità, latenza e personalizzazione. Con impatti positivi sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, i cui costi tendono a crescere a causa dell’aumento dell’età media della popolazione, ma anche dell’incidenza delle malattie croniche.
Con la telemedicina si potrebbero invece tenere sotto controllo da remoto i pazienti a rischio, perché con l’infrastruttura 5G è molto più facile e affidabile l’utilizzo di software di intelligenza artificiale che analizzano i dati dei pazienti in tempo reale. Sensori di salute, dispositivi indossabili, dispositivi connessi e algoritmi intelligenti basati su grandi set di dati non possono infatti dipendere dalla natura fragile delle reti 4G o dalla larghezza di banda domestica. Soprattutto quando si tratta di dispositivi elettronici collegati ai dati dei pazienti. Ecco perché la tecnologia 5G potrebbe essere un punto di svolta in ambito sanitario: non solo garantirà molta più banda e maggiore velocità rispetto a oggi, ma sarà in grado anche di gestire servizi molto più complessi.
Secondo uno studio di Market Research Future, il mercato della telemedicina dovrebbe crescere a un tasso annuale del 16,5% da qui al 2023. Inoltre, secondo gli esperti, la maggiore capacità di penetrazione del 5G rispetto alle attuali reti wireless consentirà di realizzare davvero la telechiurugia, grazie alla bassissima latenza. I primi a cimentarsi sono stati i cinesi, secondo fonti locali. Lo scorso gennaio un chirurgo ha rimosso il fegato di un animale da laboratorio a circa 50 chilometri di distanza, usando il robot da Vinci e la rete 5G. Poi, a marzo, il dottor Ling Zhipei, dell’ospedale Pla di Pechino, avrebbe eseguito un intervento chirurgico al cervello su un paziente a 3mila chilometri di distanza (la prima telechirurgia sull’uomo senza fili segnalata). «La rete 5G ha risolto problemi come il ritardo dell’immagine e del telecomando sperimentato con la rete 4G, garantendo un funzionamento quasi in tempo reale», aveva commentato il chirurgo.
In effetti il grande vantaggio della ridotta latenza è che limita la possibilità di errori e consente al chirurgo di lavorare come se fosse effettivamente presente nella stessa stanza. La tecnologia non solo migliora la chirurgia a distanza, ma apre anche la porta al trasferimento delle competenze, creando l’Internet of skills. E poi c’è il grande campo della diagnostica. La risonanza magnetica, la Pet e le altre tecniche di imaging generano file di grandi dimensioni: un problema, se devono essere inviate a uno specialista per una revisione o un teleconsulto. L’aggiunta di una rete 5G ad alta velocità alle architetture esistenti può aiutare a trasportare in modo rapido e affidabile enormi file di dati di immagini mediche, che possono migliorare sia l’accesso all’assistenza che la qualità dell’assistenza.
In Texas, presso l’Austin Cancer Center, l’introduzione della rete 5G ha permesso di trasmettere tanti dati da una parte all’altra della atta in tempo reale. «Eravamo abituati a ricevere i file dopo ore – afferma Jason Lindgren, Cio dell’Austin Cancer Center –. Ora, non appena il paziente termina l’esame, l’analisi diagnostica è già in corso».
E in Italia? Tra i primi servizi disponibili ci saranno proprio l’assistenza medica a domicilio e la telemedicina. Secondo l’Agenda digitale italiana, i servizi di e-Health vedranno infatti incrementare i finanziamenti pubblici da 2 a 7,8 miliardi di euro, per arrivare nel 2020 a un impegno complessivo stimato che sfiora i 10,2 miliardi.
Una prima sperimentazione di telemedicina per la diagnosi remota e il monitoraggio a di stanza dei parametri vitali dei pazienti onco-ematologici è stata avviata nel reparto di Ematologia e terapia cellulare dell’Ircss Giovanni Paolo II di Bari. Un modello di home care che riduce al minimo o elimina gli accessi in ospedale, realizzato insieme a Fastweb. E per i controlli è stata allestita un’unità mobile su un furgone attrezzato e connesso in 5G: gli infermieri portano a casa del paziente gli strumenti medici per le visite necessarie e poi, dal furgone stesso, trasmettono i risultati all’ospedale.
A Milano, Vodafone, insieme all’ospedale San Raffaele, Croce Rossa e Azienda regionale emergenza urgenza (Areu) è in sperimentazione un’ambulanza connessa 5G, dotata di smart glasses e intelligenza artificiale, pensata soprattutto per le persone colpite da ictus, per garantire loro il soccorso nel minor tempo possibile. La rete ultraveloce, infatti, permette un’interazione in tempo reale tra il medico in ospedale, il paziente e il soccorritore.
E sempre a Milano, per i pazienti affetti da scompenso cardiaco, Vodafone, con l’Istituto Humanitas, la startup L.I.F.E. e l’azienda tecnologica Exprivia Italtel, ha lanciato un progetto di Iomt (Internet of Medial Things) per monitorare lo stato di salute in tempo reale da casa, grazie al 5G e indumenti dotati di sensori continuamente attivi.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Sole 24 Ore
 
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Como, medici e infermieri in fuga verso la Svizzera

Il fenomeno, spiegabile soprattutto con la differenza di stipendio, è in costante aumento. La testimonianza di una giovane infermiera: “In Ticino guadagno più del doppio e lavoro part-time”.
Medici e infermieri in fuga da Como. E la meta più ambita è la vicina Svizzera. L’Associazione medici di origine straniera in Italia ha pubblicato uno studio, rilanciando il tema dei trasferimenti all’estero: sono 400 i dottori lombardi di Amsi che dal 2018 hanno fatto le valigie.
Quel che più interessa è la destinazione. «Nel vecchio continente la destinazione più ambita è la Svizzera – spiega Foad Aodi, fondatore di Amsi –. Le posizioni oltre la frontiera di Chiasso sono più gradite anche rispetto all’Inghilterra, un polo che di recente attrae molto del nostro capitale umano. Il 25% delle domande di trasferimento dei nostri operatori salutari guarda all’Europa, al netto del rientro forte nei Paesi d’origine di molti colleghi, per il 10% verso i Paesi dell’Est e per il 30% verso i Paesi arabi».
Sono 5mila, secondo Amsi, i medici italiani (per il 65% giovani) espatriati in cinque anni, e mille gli infermieri, con un aumento del 40% nel 2018. La fuga dei medici dalla Lombardia tocca in particolare le aree dell’emergenza, dell’ortopedia, della neonatalogia, dell’anestesia e della radiologia. Il frontalierato dei medici comaschi e varesini in Ticino è così marcato? «Il corpo medico del Ticino – spiega Franco Denti, presidente dell’Ordine dei medici del Ticino – è passato in vent’anni da circa 650 professionisti a 500, più che raddoppiato. Il frontalierato ha certo inciso, oggi negli ospedali più che nella libera professione. Per la Svizzera le zone di confine, Como e Varese per Lugano (foto, ndr), ma anche la Francia per Ginevra, sono una sorta di riserva».
Secondo l’Ente ospedaliero cantonale del Ticino, in dieci anni il numero degli italiani negli ospedali ticinesi è passato dal 20 al 40%. L’ultimo rapporto Eurispes Enpam del 2019 dice che sono 10mila i medici che hanno lasciato l’Italia per andare all’estero in dieci anni. Anche queste stime dicono che i dottori under 40 sono stati attratti in gran parte dalla Svizzera, peri il 26%, superata solo dall’Inghilterra col 33%.
«L’emigrazione c’è, anche dei medici ormai anziani, stanchi del super lavoro e delle paghe basse – dice Gianluigi Spata, presidente dell’Ordine dei medici di Como –. Ma quel che più dispiace sono i sempre più numerosi medici neolaureati che vanno a specializzarsi all’estero e non tornano indietro. Li formiamo noi, ma fuggono verso altri Paesi economicamente più vantaggiosi».
Più volte i rappresentanti dei medici nostrani hanno spiegato che è in corso una desertificazione della presenza dei dottori e degli specialisti. Anche a Como e provincia. Mancano le nuove leve, le borse di studio, i bandi d’assunzione vanno a vuoto. «La Svizzera paga di più ed è vicina – dice Dario Cremonesi, presidente dell’Ordine degli infermieri di Como –. Permette ad almeno un centinaio di colleghi di continuare ad abitare a Como, lavorando oltre confine. La qualità della sanità svizzera è persino minore della nostra, ma i trasferimenti hanno solo una ragione economica».
A proposito di ragioni economiche, portiamo l’esempio di una giovane mamma infermiera che, lavorando al Sant’Anna di Como a tempo pieno, poteva contare su una busta paga di 1.379 euro. Ora, in Ticino, con un part-time ne guadagna 2.900. «Con il rimborso spese – conferma la comasca Irene Vaticano, 31 anni –, un part-time al 60% e due bambini a carico, porto a casa poco meno di 3mila euro al mese. Prima, con il tempo pieno al Sant’Anna, al netto delle notti, la somma sulla busta paga era di 1.379 euro. La differenza si sente. In Svizzera lavoro a domicilio, arrivo anche a Bellinzona. È un bell’impegno, ma certo non mi lamento. Le mie colleghe impiegate in ospedale a Lugano mi raccontano che si lavora bene, gli organici sono al completo e non mancano le risorse».
Qualche rimpianto? «Rimpiango la mia esperienza in Pediatria al Sant’Anna: mi trovavo molto bene. La qualità professionale in Italia credo sia superiore. Certo in Svizzera lo stipendio è ben diverso. Quanto al fenomeno dell’emigrazione italiana delle professioni sanitarie, faccio notare che il Ticino non forma affatto nuovi infermieri specializzati nella pediatria. Dunque, per coprire le posizione, va a pescare altrove. Qui siamo quasi tutti italiani».
Redazione Nurse Times
Fonte: La Provincia
 
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