Inchiesta di Report sui regali a medici nel business dell’ortopedia: dall’abbonamento alle partite della Roma al viaggio a Cuba

Tanti regali per i medici e gli infermieri che danno una mano agli affari dell’azienda privata
E’ quanto emergerebbe dall’inchiesta di “Report” andata in onda su Rai 1 “La schiena dritta”, inchiesta che riprende il business dell’ortopedia. Un panorama desolante “C’è chi trucca le cartelle e finge di aver impiantato dispositivi più cari per ottenere rimborsi maggiori”.
Dall’abbonamento alle partite della Roma al viaggio a Cuba fino all’assunzione di un familiare. Intorno alle protesi sanitarie, strumenti spesso tecnologicamente all’avanguardia fondamentali per la cura di migliaia di persone, girano tanti soldi.
E c’è chi tenta di farne più del dovuto prendendo la scorciatoia dell’illegalità.
Ad esempio, facendo scrivere sulla cartella clinica, a personale di sala compiacente, che per un determinato intervento è stata utilizzata una protesi più costosa di quella effettivamente impiantata dal chirurgo.
Un modo per lucrare mettendo a rischio la salute del paziente. Se infatti ci sono problemi con il dispositivo sanitario utilizzato, e ad esempio è necessario richiamare i pazienti per verificarne eventuali difetti, chi si ritiene sia stato curato con un altro modello di protesi non viene interpellato.
Questo emergerebbe dall’indagine di Report. Sigfrido Ranucci racconta la storia dell’artrodesi, una terapia invasiva utilizzata per curare i dolori alla schiena fissando le vertebre con viti e placche.
Una procedura, tra l’altro, sulla cui efficacia ci sono dubbi nella comunità scientifica, che non sempre la ritiene preferibile a tecniche meno invasive per i malati e anche meno costose per il sistema sanitario.
Alcune aziende che distribuiscono le protesi avrebbero rapporti opachi con certi professionisti degli ospedali. In particolare, viene citato il gruppo Hd di Gian Gabriele Natali, che offrirebbe ai medici viaggi a Cuba per partecipare a convegni e avrebbe assunto la nipote di un’ortopedica di Tor Vergata.
Tutto per far girare meglio gli affari. Ma ci sono anche casi di “ricompense” diverse, come appunto l’abbonamento per andare a vedere la Roma in tribuna all’Olimpico, che sarebbe stato acquistato per un coordinatore (ex caposala) e suo figlio.
Uno specialist, cioè uno dei rappresentanti di un’azienda privata di protesi che talvolta entrano anche in sala operatoria per consigliare i chirurghi sull’utilizzo di questi dispositivi, racconta a Report che chi vuole fare soldi scambia, appunto, il codice del prodotto effettivamente utilizzato sul paziente con quello di un prodotto più costoso.
L’uomo, per provare quello che dice, mostra una mail nella quale si chiede di fatturare a una Asl un prodotto più caro rispetto a quello poi utilizzato dai medici. Il meccanismo, che servirebbe anche ad aggirare i bandi di gara, sarebbe stato messo in pratica in alcuni grandi ospedali romani, come il Sant’Eugenio.
La Regione Lazio, ignara, paga così una tariffa più alta per quella prestazione. E il produttore privato incassa di più.
Rivedi il servizio di Report cliccando QUI.
Redazione NurseTimes
 
Allegato
Servizio di Report “La schiena dritta”
 
Fonte
www.rai.it
 
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Giornate sugli “Stili di vita” a Firenze. Infermieri protagonisti come risorsa di salute

L’evento sarà anche un’occasione per sensibilizzare i cittadini su come e da quali fake news del settore bisogna diffidare
Infermieri in prima linea a Firenze per spiegare il loro impegno quotidiano sugli stili di vita.
Opi Firenze-Pistoia aderirà con un proprio spazio dedicato all’iniziativa “La promozione di corretti stili di vita” organizzata dal Comune di Firenze, in programma domenica 31 marzo (ore 9.30 -13) a Villa Vogel e parco e il 7 aprile (ore 10-18) al Giardino dell’Orticultura e Tepidarium a Firenze. La partecipazione è stata illustrata alla conferenza stampa di presentazione dell’evento, in Palazzo Vecchio, dalla segretaria di Opi Firenze-Pistoia, Cinzia Beligni.
Nell’occasione l’Ordine delle professioni infermieristiche ribadirà il proprio patto di solidarietà con i cittadini. «Un patto quotidiano, continuativo e che abbraccia diversi ambiti – spiega Danilo Massai, presidente di Opi Firenze-Pistoia –. Il nostro è un servizio alla persona, alla famiglia e alla comunità, che passa dalla prevenzione alla promozione, dalla presa in carico alla continuità assistenziale, dall’ascolto attivo alla personalizzazione dell’assistenza, fino all’educazione alla salute. Con la partecipazione di Opi Firenze-Pistoia alle giornate sugli “Stili di vita” intendiamo sensibilizzare i cittadini su come agire, proteggendosi dalle fake news e individuando le informazioni corrette da prendere in considerazione».
Sarà presente a entrambi gli eventi, nello spazio dedicato a Opi Firenze-Pistoia, uno staff di infermieri professionisti delle seguenti aree: territoriale (con la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità), etica e deontologica, infermieristica del settore socio-sanitario.
Nell’occasione sarà possibile reperire informazioni direttamente dagli infermieri presenti, attraverso materiale informativo cartaceo, audio e video. Al centro dell’evento ci saranno i servizi, i percorsi assistenziali e di cura presenti sul territorio, in particolare a supporto di situazioni di fragilità. Ma non mancheranno informazioni su gestione, ottimizzazione e smaltimento dei farmaci da armadietto, in modo da individuare i comportamenti virtuosi, avendo una visione chiara delle conseguenze e dei fattori di rischio per l’ambiente.
 
Redazione NurseTimes
 
Allegato
Progetto Stili di vita
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Napoli: paziente in stato di agitazione psicomotoria frattura polso ad infermiere del 118

L’aggressione n.25 Del 2019 è stata denunciata dall’associazione “Nessuno Tocchi Ippocrate”, da sempre a difesa degli operatori sanitari che si occupano del settore dell’emergenza.
Ad avere la peggio è stato l’infermiere della postazione San Paolo, intervenuta questa notte ale ore 2.00 per un incidente motociclistico in Via Nuova Agnano.
L’ambulanza, giunta sul posto in pochi minuti, ha trovato due feriti: il meno grave viene trasportato successivamente da un’altra ambulanza al San Paolo.
Il più grave invece, giudicato come codice rosso dai sanitari, viene soccorso e trasferito con il mezzo di soccorso 118 della postazione San Paolo.
Il paziente, in evidente stato di agitazione psicomotoria dovuta all’incidente, ha malmenato l’infermiere arrivando a torcergli il polso fino a fratturarglielo.
Nonostante l’aggressione ed il dolore provato dall’operatore, l’equipaggio ha provveduto a trasportare il paziente con massima priorità al Red Point del Cardarelli.
Purtroppo l’infermiere non ha potuto proseguire il servizio ed in mattinata provvederà a formalizzare regolare denuncia.
“La situazione è diventata davvero critica , lavorare in emergenza oramai è diventato un vero e proprio incubo. SIAMO STANCHI”, conclude l’associazione “Nessuno Tocchi Ippocrate”.
Simone Gussoni
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Napoli, scandalo infermieri abusivi:”Muratori assunti senza titoli negli anni ‘70. Chiamano l’anestesista per prendere una vena periferica”

Napoli, scandalo infermieri abusivi:”Muratori assunti senza titoli negli anni ‘70. Chiamano l’anestesista per prendere una vena periferica”

Emergono nuovi particolari sulla vicenda dell’esercito di infermieri abusivi assunti da decenni presso gli ospedali dell’ASL Napoli 1 Centro (leggi articolo)
Sarebbero centinaia gli infermieri dipendenti del San Giovanni Bosco, ospedale dei Pellegrini, ospedale Loreto Mare, ospedale San Gennaro e relativi distretti a non essersi mai iscritti all’Ordine delle Professioni Infermieristiche anche se, come specifica lo stesso OPI di Napoli, risulterebbero mancare all’appello oltre 10.000 infermieri nella provincia di Napoli che, seppur esercitando la professione, non si sarebbero mai iscritti all’albo professionale.
Sono giunte alla nostra redazione numerose testimonianze relative all’operato di questi infermieri abusivi, che riporteremo in forma anonima in questo articolo:
«Uno di questi “colleghi” mai iscritto viene utilizzato come oss, a disposizione del Cssa. Si occupa solo di barellaggio… Non sa neanche cosa sia un elettrodo…»
Un’altra infermiera racconta la propria “convivenza” con uno dei destinatari del comunicato dell’azienda.
“È davvero pericoloso essere in turno con colleghi del tutto incompetenti. In medicina d’urgenza capita spesso ad esempio che un paziente vada in edema polmonare. Il collega mi ha detto di non avere mai preparato una flebo e di non conoscere i farmaci. Basti pensare che per incannulare una vena costui chiama regolarmente gli anestesisti, e parlo di una vena periferica. Fu tolto dai turni perché i medici si ribellarono, ora fa solo mattine e circa 30 ore di straordinario al mese”.
Il comunicato dell’azienda 
Un’altra testimone descrive altri episodi alquanto assurdi: “Con me lavora un infermiere che è abilitato ad eseguire solo gli stick glicemici. Non è in grado di effettuare prelievi venosi, non sa utilizzare uno sfigmomanometro e non ha idea di come funzioni un pc. La coordinatrice lo utilizza per portare i documenti nei vari uffici, ad esempio i fogli presenza in direzione.”
Alcuni dipendenti sono intenzionati a rispedire le accuse al mittente, andando per vie legali.
“Una decina di loro vogliono impugnare il provvedimento, rivolgendosi ad un avvocato”.
Ma sarebbe un collega ormai in pensione a fare chiarezza sulle modalità di assunzione di quel periodo:
“Sono stati assunti perché appartenenti a gruppi di disoccupati organizzati. All’epoca dell’inaugurazione del Nuovo Policlinico, nel 1973, molti operai che avevano contribuito alla sua costruzione vennero assunti come infermieri, pur essendo privi di titoli. Se ciò non fosse accaduto, i movimenti di rivendicazione operaia, avrebbero impedito l’apertura del nosocomio, rivendicando il diritto al lavoro. La situazione migliorò solo negli anni ‘90, quando vennero assunti anche dei veri infermieri.”
Secondo le testimonianze ricevute dunque, queste persone sarebbero state dapprima inquadrate come infermieri generici, per poi essere con il tempo promosse sul campo, fino a raggiungere la categoria economica D6 o diventare coordinatori infermieristici (allora definiti “caposala”), ottenendo un lauto stipendio con maggiorazioni che possono tutt’oggi arrivare anche oltre i 5.000 euro lordi all’anno.
Molti di questi infermieri si sarebbero giustificati nel corso degli anni, dicendo che al momento della loro assunzione, avvenuta a fine anno ‘70, non vi fosse l’obbligo di iscrizione all’albo. Per questo motivo starebbero valutando la possibilità di rivolgersi ad un legale per intentare una causa contro l’azienda stessa, ritenuta da loro colpevole di non volerli mandare in pensione senza iscrizione all’Ordine.
Ma cosa dice la normativa in vigore?
Abbiamo interpellato il Consiglio Direttivo dell’Ordine delle Professioni infermieristiche di La Spezia, per avere ulteriori delucidazioni in merito.
”Effettivamente, analizzando la storia dell’obbligatorietà dell’iscrizione, scopriamo come solo nei primi anni ‘80, grazie al decreto ministeriale della Sanità, 30 Gennaio 1982 (Normativa concorsuale del personale delle unità sanitarie locali in applicazione dell’art. 12 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761), diventi requisito fondamentale essere iscritti all’albo per poter essere ammessi ai concorsi ed essere assunti dalle pubbliche amministrazioni.
Va però detto che, in quegli anni, qualora un infermiere non restasse in regola con l’iscrizione all’albo, pur venendo cancellato, potesse poi tranquillamente continuare a lavorare. La prima norma definitiva e chiara è la legge 43 del 2006 che ribadisce con una chiarezza devastante per l’ordinamento legislativo italiano come tutti i professionisti che dispongano di un albo professionale devono esservi iscritti. La legge 3 del 2018 ribadisce questo obbligo estendendolo a tutte le professioni sanitarie.”
La leggenda vuole che, il primo decreto ministeriale del 30 gennaio 1982, fosse stato prodotto perché un’alta dirigente dell’allora Federazione Ipasvi (oggi FNOPI) fosse moglie di un sottosegretario che avesse introdotto una normativa dedicata.
Ma in tutti questi decenni, l’azienda sanitaria locale napoletana avrebbe dovuto effettuare dei controlli?
“L’azienda ha la convenienza di verificare la correttezza della posizione dei propri dipendenti, nel rispetto della legge 3 del 2018 proprio per evitare eventuali sanzioni da parte degli organi di controllo. Qualora dovesse scoprire infermieri non in regola con l’iscrizione o con i pagamenti della quota annuale, avrebbe l’obbligo di sospenderli immediatamente, finché la loro posizione non venga regolarizzata.
Accadde un caso analogo a La Spezia nel 2009, che spinse praticamente tutte le aziende ospedaliere ad effettuare dei controlli”, conclude OPI La Spezia.
Occorre specificare che chiunque possa verificare l’effettiva iscrizione di un infermiere all’albo in circa 10 secondi, inserendo il nome e cognome del professionista sul sito della FNOPI.
Vedremo come evolverà questa situazione, ora che è scaduto l’ultimatum di 15 giorni concesso a questo esercito di infermieri abusivi prossimi alla pensione.
Simone Gussoni
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«Io, cardiochirurgo di fama, volo fino in Tanzania per aiutare chi ha bisogno»

«Io, cardiochirurgo di fama, volo fino in Tanzania per aiutare chi ha bisogno»

Sono tre i grandi amori della sua vita: la famiglia, la professione e l’Africa. Proprio per l’Africa da anni ormai spende il suo cuore colmo di generosità e di professionalità perché è un cardiochirurgo di fama nazionale ed oltre. Parliamo di Giovanni Ruvolo, riberese di origini, dal 2014 direttore dell’unità complessa di cardiochirurgia dell’università Tor Vergata di Roma, il quale ogni anno trascorre le sue vacanze come benefattore, con i volontari dell’associazione onlus «A cuore aperto», costituita nel 2001, e con un nutrito gruppo di medici volontari, in Tanzania dove è impegnato ad Ipogolo, un villaggio nei pressi di Iringa, nel centro-sud della nazione africana, presso la missione cattolica “Comunità Cristiani nel Mondo” e in collaborazione del vescovo di Iringa mons. Tarcisio Mgalelakumtwa.
In Africa, dove il cardiochirurgo e i suoi colleghi vanno quasi ogni anno, con oltre 10 ore di volo e con altrettante ore di viaggio in pullman o in auto per raggiungere Ipogolo, l’associazione, coordinata da Margherita La Rocca, psicologa e docente, moglie di Giovanni Ruvolo, dal 2005 è artefice di iniziative socio-sanitarie ed umanitarie gratuite e di sostegno all’istruzione e alla formazione soprattutto dei ragazzi.

«Crediamo fermamente che la sanità sia un diritto per tutti, anche per i più poveri, per quelli che non possono arrivare in posti lontani per curarsi – ci dice da Roma il prof. Ruvolo, già artefice di migliaia di interventi cardiochirurgici e in particolare nel 2015 dell’impianto di una valvola biologica mitralica per via transcatetere a cuore battente – è un momento particolarmente delicato in tutta Europa, c’è un rifiuto netto dei migranti, di coloro che arrivano particolarmente in Italia e in Sicilia perché fuggono da paesi africani. Lottiamo per il diritto alla salute, alla solidarietà sociale e per la libertà». L’associazione «Un cuore per Ipogolo» ha contribuito alla ristrutturazione del dispensario della «Comunità Cristiani nel Mondo» che è dotato di un ambulatorio di cardiologia, attrezzato con due ecografi, donati del professore tedesco Bernard Mumm. Sono stati acquistati apparecchi per emocromo, per esami ematochimici e alcuni elettrocardiografi e anche un terreno adiacente per un ampliamento del dispensario. E’ in piena attività il progetto «Running doctors» perché, in attesa che si formino in loco medici ed infermieri, dato che la gente non può raggiungere gli ospedali lontani, l’associazione ha pensato di portare la salute, la prevenzione e le cure nei villaggi e nelle missioni sparse nella vasta regione.

I Lions Club della IX circoscrizione Sicilia, provincia di Agrigento, hanno invece donato 30 mila euro con i quali è stato acquistato un fuori strada Toyota che permette ai dottori volontari, Giovani Ruvolo, Margherita La Rocca, Paride Giannantoni, Andrea Farinaccio, Amedeo Vaccaro, Linda Pisano, al giornalista Calogero Giuffrida e ad altri medici del tutto volontari, di raggiungere con il mezzo i villaggi sperduti della Tanzania del Sud, percorrendo ogni volta circa 2000 chilometri con oltre 250 elettrocardiogrammi ed ecocardiogrammi realizzati. E’ pronta, realizzata dalla «Comunità Cristiani nel mondo» la nuova scuola materna ad Ihimbo, nel distretto di Kilolo, per la bontà di tanti agrigentini, ma soprattutto grazie alla donazione di mons. Calogero Lupo, già parroco della chiesa di San Vito di Agrigento e della sua famiglia. Don Saverio Pititteri ha seguito i lavori. «La scuola materna – dice – ospiterà 80 alunni, 40 maschi e 40 donne, ed è stata già costruita pure una casa per le suore». «Con l’associazione – precisa il cardiochirurgo Giovanni Ruvolo – contribuiremo all’acquisto degli arredi, banchi, sedie, cattedre, arredi per il refettorio e per la casa delle suore. Continuano ad arrivare donazioni di imprese, aziende, associazioni, gruppi di volontariato, medici e di operatori della sanità, comuni cittadini e tanti giornalisti che hanno diffuso ampiamente le iniziative dell’associazione, fondata a Favara da madre Margherita Riolo e da mons. Giuseppe Di Marco».

Grazie all’intervento della Rotary Foundation, c’è il progetto di ampliamento del dispensario di Ipogolo.L’avv. Giovanni Vaccaro di Sciacca, past governatore e presidente della commissione distrettuale del Rotary, si sta adoperando in tal senso. Il «Progetto studenti» conta oggi 250 ragazzi, infermieri, tecnici di laboratorio, medici, archivisti che sono sostenuti economicamente in parte dall’associazione e in parte da singoli benefattori che prendono in adozione gli studenti per tutta la durata del corso di studi.
Si può donare il 5 per mille all’associazione «A cuore aperto», codice fiscale 97172180826 oppure altre offerte possono essere indirizzate a «Un cuore per Ipogolo» sul conto corrente postale n. 58891946 oppure al conto corrente bancario IT 12T0200883140000103513256. «Il sogno che vorremmo realizzare al più presto – ci dice Giovanni Ruvolo – è la realizzazione di un poliambulatorio, accanto al vecchio dispensario, un centro sanitario in cui si possa fare gratuitamente formazione e prevenzione sanitaria, specialmente per combattere l’AIDS, flagello del centro-sud della Tanzania». Singolare la considerazione del radiologo volontario Lillo Restivo: «L’unica paura da avere quando vieni in Africa – precisa – è l’amore, è strabordante. La differenza tra noi e loro è sostanziale: noi cosidetti bianchi, ospiti della loro terra, veniamo venerati; viceversa noi, nella nostra terra, in Europa, li respingiamo e spesso li insultiamo».
Redazione Nurse Times
Fonte: lasicilia.it
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